Il dossier per dimostrare l’innocenza di Imperante, La Rocca e Schiavo
Massacro di Ponticelli, anche Telefono Azzurro in campo per la ricerca della verità dopo 42 anni

Quando mi chiedono perché mai mi sia appassionata così tanto al caso del delitto di Ponticelli, rispondo nell’unico modo possibile. Puro e disinteressato amore per la verità. La storia delle piccole Nunzia e Barbara, di 10 e 7 anni, ha “assorbito” – dal 2010 ad oggi – 14 anni della mia vita umana e professionale. Quando quel duplice omicidio sconvolse l’Italia chi scrive aveva all’incirca 11 anni. Era il 3 luglio 1983 quando i cadaverini di due bambine furono rinvenuti in un torrente in secca, l’alveo Pollena, al confine tra Ponticelli e i Comuni vesuviani. Di quella storia mi colpì subito il fatto che, all’epoca, parlare di pedofilia e di violenza sui minori fosse quasi un tabù. L’omertà era tanta. E non solo tra le strade di Napoli est. Anche per chi, come noi, viveva al centro il clima era di terrore. E anche solo menzionare gli abusi subiti da due bimbe innocenti faceva rabbrividire.
Così ormai quattordici anni or sono decisi di affrontare questo lungo viaggio alla ricerca della verità, ma soprattutto della giustizia per la coppia di amichette del Rione Incis scomparse la sera di sabato 2 luglio dell’83. Tra qualche mese saranno trascorsi ormai 42 anni da quella triste quanto terribile vicenda, ma ancora il mistero non è stato svelato. Seppure in tanti, in primis l’ex giudice Ferdinando Imposimato (che nel 2012 volle allegare il mio primo libro sul caso all’istanza di revisione), abbiamo da sempre sostenuto l’innocenza di tre giovani, allora tra i 18 e i 20 anni, che hanno pagato col carcere per qualcosa che non hanno commesso. Ecco perché di recente è sceso in campo anche Telefono Azzurro, che in una nota pubblicata sull’ANSA del 12 ottobre 2024, scrive: “Rispetto a tale vicenda e per promuovere un’analitica attività di studio dei fatti occorsi, si conferisce mandato difensivo all’avvocato Rocco Curcio, supportando sin d’ora ogni iniziativa legale che si renda necessaria per la ricerca della verità”. E ancora: “Un caso per il quale la nostra attenzione è stata sollecitata anche dal lavoro svolto in questi anni dalla giornalista Giuliana Covella, autrice di due libri (il primo, nel 2012, fu allegato alla revisione dall’ex giudice Ferdinando Imposimato; e nel 2023) su una vicenda che, a distanza di oltre 41 anni presenta ancora luci ed ombre, nonostante vi siano state tre sentenze passate in giudicato”.
Da anni la mia convinzione è che a commettere il delitto sia stata una sola persona. La stessa che aveva Alfonso Zarone, perito del Tribunale chiamato ad esaminare i corpicini semi carbonizzati delle due bambine. Ma soprattutto la stessa di Ferdinando Imposimato. L’ex magistrato antimafia, protagonista di tante battaglie per la legalità e la giustizia, non si è mai stancato di sostenere le ragioni dei tre ex ragazzi, oggi uomini di 60 anni. Lo ha fatto fino a quel 31 maggio del 2013, quando nell’aula della Corte di Appello di Roma i giudici bocciarono l’istanza di revisione per la riapertura del processo a cui Imposimato aveva deciso di allegare il primo libro che la sottoscritta pubblicò nell’aprile 2012 con Guida. Revisione che, insieme a Imposimato e a Eraldo Stefani, presentammo a giugno 2012 all’Hotel Laurus di Firenze. Una battaglia intrapresa e proseguita a maggio 2013, quando mi recavo alle udienze in Corte d’Appello a Roma fiduciosa come tutti nella riapertura del processo, raccontandolo sulle pagine de “Il Mattino”. Così non fu. E fu invece tanta la rabbia e la delusione. Ma da allora non mi sono mai fermata.
Il mio primo “incontro” col delitto di Ponticelli fu nel dicembre 2010, quando andai a Roma per recuperare gli atti processuali dagli ex legali dei tre ragazzi. Poi iniziai quel viaggio. Fatto di ostacoli, misteri, incongruenze, inesattezze. Ma anche di tanta sete di verità. Sulla scia dell’entusiasmo mi recai a Spoleto nel maggio 2011 per incontrare i “mostri”: da subito mi accorsi che erano tutt’altro. Ed è per questo che ancora oggi sostengo la loro battaglia.
All’incirca due anni fa la commissione parlamentare antimafia ha elaborato un dossier per dimostrare l’innocenza di Imperante, La Rocca e Schiavo e rilanciare il ruolo della criminalità organizzata nella vicenda. Frattanto nel 2020, in piena pandemia, assieme a Emanuele Cava abbiamo dato vita a un progetto: una docuserie prodotta da Groenlandia e andata in onda su Sky Original nell’aprile 2023. Ad agosto dello stesso anno c’è stato inoltre l’intervento della Procura di Napoli, che ha aperto un fascicolo sulla vicenda. In attesa della revisione, che se mai fosse presentata e successivamente accettata, sarebbe la quarta. Finora l’attenzione mediatica è stata alta: prima con la partecipazione di Roberto Saviano alla conferenza stampa dello scorso gennaio alla Camera dei deputati. Poi, il primo giugno di quest’anno, con la puntata di “Indagini”, il podcast di Stefano Nazzi interamente dedicata al massacro di Ponticelli e nel quale c’è un mio contributo. Come ho detto più volte, dovendo essere intellettualmente onesti credo di aver tracciato un piccolo pezzo di strada – solcata in tempi recenti da altri – nella ricerca della verità. Che, mi auguro, con l’interesse di Telefono Azzurro possa far sì che Nunzia e Barbara abbiano finalmente giustizia.
© Riproduzione riservata