La caduta del regime di Bashar al-Assad segna un punto di svolta nel Medio Oriente e apre scenari complessi e potenzialmente destabilizzanti. Dopo la presa di Damasco da parte degli islamisti diventa arduo pensare al mantenimento della Siria come un’unica entità, e forse anche del Libano. Quale nuova conformazione potrebbe sorgere? Chi ne saranno gli attori principali e i rispettivi sponsor? Assisteremo a un nuovo equilibrio oppure a caos e guerra civile che destabilizzeranno ulteriormente la regione, aprendo a nuovi flussi migratori verso l’Europa? Chi entrerà in possesso dell’arsenale di Assad, armi chimiche comprese? Tutte domande a cui nessuno, al momento, è in grado di fornire risposta.

Il Corridoio Verticale

La grande sconfitta della fine del regime di Assad è certamente Mosca che, dopo il Mar Nero, perde la base aerea di Chmejmim e quella navale di Tartus. I russi dovranno ora chiedere il permesso ad Ankara – deus ex machina della cacciata di Assad – per operare nella regione. È probabile che i turchi abbiano già pronto un piano di sostituzione del gas russo in caso di ritorsioni. Lo sviluppo del Corridoio Verticale in particolare rappresenta per Ankara un asset fondamentale per acquisire standing geostrategico, nei confronti dell’Europa innanzitutto. Da evidenziare, secondo alcuni osservatori, che tra le tante ragioni dietro il sostegno russo ad Assad vi fosse anche l’opposizione alla costruzione del gasdotto che avrebbe collegato il Qatar alla Turchia. Ma ora il progetto potrebbe essere preso nuovamente in considerazione, anche se appare oggi poco fattibile in quanto è probabile che – agli occhi del Qatar – il GNL appaia oggi come un’opzione più redditizia e sicura.

Il negoziato con Ankara

Mosca dovrà ora compensare la perdita di Tartus/Chmejmim aprendo un duro negoziato con Ankara. L’alternativa è puntare su Libia o Egitto. Ma per farlo servono tempo e risorse che oggi non ci sono, in quanto impiegate in Ucraina. Va sottolineato che la Russia utilizzava la testa di ponte siriana per operare in Africa sul piano logistico. I cambi di regime nel Continente Nero in questi ultimi anni sono stati probabilmente coordinati dalle basi russe in Siria. Con l’aggressione dell’Ucraina, insomma, Mosca ha fatto il passo più lungo della gamba e si appresta a essere fortemente ridimensionata sul piano geostrategico.

Tehran, il secondo sconfitto

Il secondo grande sconfitto è Tehran, che perde con il regime di Assad un importante alleato, mentre il suo proxy Hezbollah si vede sfumare una via di rifornimento fondamentale per il riarmo. La caduta della Siria è il Muro di Berlino per l’Asse della Resistenza iraniano: in pochi mesi sono stati eliminati Haniyeh, Nasrallah e ora Assad. Secondo alcuni osservatori, l’Iran punterebbe ora a raddoppiare la capacità nucleare. Vedremo se gli alleati dell’Asse del Caos (Russia, Corea del Nord e Cina) giungeranno in suo soccorso. E come reagirà Israele al riguardo. In sostanza la cacciata di Assad rappresenta una netta battuta d’arresto per le potenze revisioniste, malgrado l’Occidente abbia adottato un atteggiamento di basso profilo e non ne esca veramente vincitore.

Il vero vincitore

Il vero vincitore è Ankara, che ha giocato una partita tutta sua, spregiudicata, ma che potrebbe regalarle ottimi dividendi futuri nel caso in cui riuscisse a governare il caos siriano. Ad esempio soldi alla Ue per la gestione dei migranti, via libera da Washington a chiudere la partita sul Kurdistan, accordo con Mosca sulle basi militari. Ma Ankara potrebbe puntare ancora più in alto e chiedere l’adesione alla Ue. Un tale scenario sarebbe molto preoccupante per le nostre imprese manifatturiere, che vedono nei competitor turchi un’insidia ancora più temibile di quella delle imprese cinesi. Pensiamo al settore della siderurgia o dell’elettrodomestico, solo per fare alcuni esempi. Appare evidente che quei paesi del Medio Oriente che pensavano a qualsiasi protezione diversa dall’ombrello difensivo degli Stati Uniti/Accordi di Abramo si ritrovano ora senza grandi alternative. La fine del regime Baath apre il Grande Gioco in Medio Oriente. E questo prima che Trump si insedi a Capitol Hill.

Insomma, le conseguenze del 24 febbraio 2022 e del 7 ottobre 2023 continuano a farsi sentire. Nonostante gli scenari mutevoli, il prezzo del petrolio ha registrato un moderato rialzo senza produrre strappi, ma la totale assenza del premio geopolitico suscita perplessità circa l’eccessiva compiacenza del mercato. Ma oltre a quella energetica, sarà l’intera logistica delle materie prime a subire nei mesi a venire gli effetti dell’era del caos e della frammentazione.