L’esito del Consiglio europeo ha rafforzato la posizione italiana e le richieste del governo in seno tanto all’UE e al nascente piano di riarmo europeo, quanto alla coalizione dei volenterosi che prende forma sotto le insegne del duplice protagonismo anglo-francese. L’Italia ha richiesto e ottenuto che alla fine il piano venisse ridenominato, così che la percezione dell’opinione pubblica non fosse quella di un’Europa aggressiva, ma di una volontà di riarmo necessaria per garantire quella sicurezza che oggi è fattore indispensabile e che – visto il lento e progressivo disimpegno americano – appare sempre di più urgente e quindi non rinviabile. Altro punto fermo ribadito da Giorgia Meloni in tutti i vertici è stato un secco «no» all’invio di truppe europee in Ucraina, senza la garanzia di una legittimazione internazionale come l’ombrello diplomatico e terzo delle Nazioni Unite. Punto sul quale, nonostante l’iniziale spinta di Londra e Parigi, anche i più interventisti tra i volenterosi iniziano a rallentare.

I dubbi e le perplessità

A quanto pare, l’iniziale enfasi politica è stata frenata dagli Stati maggiori che hanno evidenziato a Starmer e Macron dubbi e perplessità per un’operazione che manca di alcuni elementi necessari per approntare i piani militari. In più, i vertici militari di Regno Unito e Francia hanno spiegato che ad oggi è fondamentale il supporto militare e logistico degli Stati Uniti: senza il semaforo verde di Donald Trump, anche l’invio di truppe europee è difficile, per non dire impossibile.

Il contesto

Così Meloni potrà volare a Parigi con la consapevolezza che la sua posizione è stata resa dagli eventi come la più pragmatica e fattuale. Il vertice di maggioranza alla vigilia del vertice all’Eliseo è stata l’occasione per serrare le fila e mostrare come il governo in politica estera agisca nella massima unità politica e di indirizzo. Presenti la presidente del Consiglio e i due vicepremier, il ministro degli Esteri Antonio Tajani (in collegamento) e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, oltre che il titolare della Difesa Guido Crosetto. Con una nota Palazzo Chigi chiarisce che «nel corso della riunione è stato riaffermato l’impegno alla costruzione, insieme ai partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti, di garanzie di sicurezza solide ed efficaci per l’Ucraina che trovino fondamento nel contesto euroatlantico».

Il monitoraggio del cessate il fuoco

Per l’esecutivo è necessario che l’iniziativa europea si muova «sulla base di un modello che in parte possa ricalcare quanto previsto dall’articolo 5 del Trattato di Washington, ipotesi che sta riscontrando sempre più interesse tra i partner internazionali». E viene ribadito che non è prevista alcuna partecipazione italiana all’invio di truppe sul terreno. Inoltre è stato affrontato il tema del «monitoraggio del cessate il fuoco, su cui si sta facendo spazio un possibile ruolo delle Nazioni Unite, che il governo italiano sostiene da tempo».

Il dibattito in corso

Per Tajani si è trattato di un incontro con «un clima positivo e una totale concordanza», aggiungendo che quella della missione delle Nazioni Unite è «l’unica condizione per noi per inviare militari». Da Trieste, dove ha tenuto un suo punto stampa dopo il vertice, il titolare della Farnesina ha voluto precisare come resti sul tavolo «l’opzione per garantire la sicurezza europea di una sorta di articolo 5 bis della Nato, ma anche per proteggere l’Ucraina». «Il dibattito è in corso, oggi se ne parlerà. Siamo tutti concordi sul tenere questa posizione italiana», ha concluso.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.