Buoni padri, figli e famigli
Meloni, gli attacchi alla madre e la corsa al calcio del somaro: le risse tribali di media e politici

Alcuni quotidiani, da giorni, attaccano un po’ goffamente la famiglia di Giorgia Meloni. Questo, per attaccare la premier. Che altri difendono, giustamente. Premesso che io metterei la mano sul fuoco non solo sull’onestà della Meloni, ma anche della mamma, portatrice sana di una storia di difficoltà e coraggio che solo alcune donne sono capaci di interpretare (e che in una Nazione normale sarebbe storia da fiction, a proposito di grandezza delle donne da difendere e promuovere, anziché cianciare), a chi vi scrive capitò la ghiotta occasione qualche anno fa quando ero parlamentare di Forza Italia, di poter restituire pan per focaccia con gli interessi, a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista quando uscì fuori, dopo che ci avevano dato ridicolmente dei ladri per anni, che ai loro padri erano contestati rispettivamente abusi edilizi e irregolarità fiscali.
Ebbene, pur essendo ai tempi assoluto avversario e censore di Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e di qualunque forma di vita a Cinque Stelle, io ritenni di difenderli da chi addebitava loro un “non potevano non sapere”, adombrando così che dunque eventualmente sarebbero stati anche loro colpevoli o inopportuni. Perché rinunciai a un calcio di rigore a porta vuota? Perché la competizione politica deve darsi il limite del rispetto personale e non sfociare in rissa tribale (come pure i Cinque Stelle avevano fatto fin dalla loro nascita fondata sul “Vaffanculo”), perché eventuali colpe dei padri non devono ricadere sui figli, ma soprattutto perché – come scrivevo ieri riguardo a Travaglio, che sbaglia a tentare di screditare Renzi dandogli dell’indagato, lui che peraltro è condannato – dei politici si devono poter criticare idee, progetti e loro relative realizzazioni o fallimenti.
Nient’altro: nemmeno i loro privati comportamenti, non dovendo essere i politici un modello per nessuno (figuriamoci le famiglie e le loro traversie). Giorgia Meloni ha dunque ragione a dolersi di certa stampa, ma – siccome ne conosco personalmente l’onestà intellettuale e so quanto sia persona sana e fiera – avrebbe anche lei dovuto aderire sin dall’inizio a questo protocollo di rispetto reciproco, che – lo so – costa. Perché in passato anche lei ha ceduto alla tentazione del calcio del somaro verso protagonisti e loro famiglie che, ingiustamente, erano state attinte dal sospetto ingenerato da inchieste poi svanite nel nulla o che tradivano evidente movente politico ostile, e aggredite dallo sputtanamento di un sistema mediatico che, anziché contribuire ad alzare l’asticella del dibattito, costringendo così la politica a dare il meglio di sé o a mostrare che non ne è capace, ha solo difeso il proprio ius sputtanandi, perché rilevante e condizionante, cioè strumento di potere.
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