"Sostegno europeo condizione per la pace"
Meloni-Trump e la guerra in Ucraina, Scurria: “Gli Usa potrebbero voler riavvicinare Mosca all’Occidente ma non può avvenire a scapito degli ucraini”
Italia in prima linea, a Roma la conferenza per la ricostruzione del paese colpito dalla guerra

L’Ucraina era solo all’apparenza un tema secondario nell’agenda ufficiale del summit Meloni-Trump. Già prima dell’incontro, infatti, la Casa Bianca aveva fatto filtrare l’anticipazione per cui “il presidente Usa e la presidente del consiglio italiano lavoreranno insieme per mettere fine alla guerra in Ucraina”. Parole volte a sedare i timori infondati per cui ci sarebbe stata una qualche frizione nel caso il conflitto fosse venuto al pettine.
«L’incontro va letto invece come parte di un più ampio confronto strategico tra Italia e Stati Uniti», commenta il senatore Marco Scurria (Fratelli d’Italia), membro della Commissione sulle politiche Ue. «Inserito in questa cornice più generale, e pur iniziando dalla questione dei dazi, era inevitabile che il dossier Ucraina assumesse una valenza centrale». La guerra è però legata alla difesa europea. Ecco allora che l’impegno italiano di aumentare al 2% le nostre spese militari può aver fatto leva sulla Casa Bianca. «È bene sottolineare, però, che questo viaggio non è stato un evento ordinario. Per portata politica e visibilità mediatica, rappresenta un passaggio senza precedenti nella storia recente delle relazioni italo-americane».
Scurria ci tiene a dare una chiave di lettura di maggior respiro al summit. «Roma sta dando un cambio di prospettiva nel fare politica estera. La missione del Commissario Ue al Commercio, Maroš Šefčovič, appena due giorni prima dell’arrivo della nostra premier, si è concluso nell’anonimato. Al contrario, l’incontro tra Meloni e Trump catalizza l’attenzione internazionale. Meloni è arrivata a Washington non solo come rappresentante dell’Italia, ma come punto di riferimento per un’Europa che cerca un nuovo protagonismo nel mondo». Il momento è delicato. La Casa Bianca vede l’Europa come un intralcio. Contro la ricostruzione del proprio apparato industriale – da qui i dazi – e contro il processo di pace che Trump persegue. «L’obiettivo della premier è stato spiegare che il sostegno europeo all’Ucraina non rappresenta un freno alla pace, ma una condizione necessaria per raggiungerla in modo equo e duraturo», osserva Scurria, che ricorda del resto chi sia il vero ostacolo al processo di pace: «È Vladimir Putin, come hanno dimostrato anche le reazioni dell’amministrazione americana agli attacchi missilistici russi dei giorni scorsi».
La posta in gioco è molto più alta. «Gli Stati Uniti potrebbero voler riavvicinare Mosca all’Occidente, allentandone la dipendenza strategica da Pechino. Ma tutto questo non può avvenire a scapito dell’Ucraina, né del sostegno che l’Europa le ha garantito fino a oggi». Il senatore di Fdi è certo che la credibilità di Giorgia Meloni risulti convincente anche di fronte a quei governi inizialmente scettici sulla necessità di supportare Kyiv. «Per l’Italia e l’Europa, l’obiettivo comune resta una pace che non sia disonorevole, soprattutto per chi è stato aggredito».
È una base, questa, da cui partire per parlare di ricostruzione. Per quanto a guerra ancora in corso. All’Ucraina è stato promesso l’ingresso nell’Unione. È altrettanto urgente intervenire a sostegno della sua economia reale. Il ruolo dell’Italia? È già fissato in agenda. «Il prossimo appuntamento chiave sarà l’11 e 12 luglio», ricorda Scurria. «In quei giorni, Roma ospiterà la conferenza internazionale per la ricostruzione dell’Ucraina. Un evento che riunirà istituzioni, imprese e attori politici globali per delineare le linee guida di un processo che avrà conseguenze economiche, strategiche e simboliche di lungo periodo». La scelta di Roma conferma il suo ruolo crescente nel contesto europeo e internazionale, non solo politico, ma anche operativo e industriale.
L’iniziativa, voluta direttamente da Palazzo Chigi, coinvolgerà i ministeri Esteri, Mimit e Affari Europei. Tajani, Urso e Foti dovranno lavorare a testuggine sulla prova di fuoco per l’Ue. «Una parte consistente dei fondi arriverà da Bruxelles. Sarà quindi fondamentale stabilire con chiarezza il peso dei singoli Stati membri nella gestione e destinazione di queste risorse. A luglio sarà possibile avere stime più precise, distinguendo tra investimenti a fondo perduto e prestiti agevolati destinati alle imprese». A fianco del governo entreranno in campo i booster degli investimenti pubblici: Cassa Depositi e Prestiti e Sace. Ovvero coloro che sanno qualificare come sano il debito pubblico.
Altrettanto interessante è ipotizzare quali saranno le filiere direttamente chiamate a mostrare la capacità di reazione del Made in Italy in un contesto internazionale tanto complesso. «Siamo il Paese del design e dell’architettura. Siamo un’eccellenza nella tutela del patrimonio culturale e nella digitalizzazione delle infrastrutture», valuta con ottimismo Scurria. «Le città ucraine richiederanno un ripensamento totale degli spazi abitativi, delle reti di trasporto, delle connessioni digitali. In questo l’Italia possiede competenze riconosciute a livello mondiale». Un’ipotesi, quella del senatore, che poggia anche sull’esperienza del Ponte Morandi a Genova: «un modello di efficienza e innovazione, esportabile anche nel contesto ucraino, non solo in termini di ingegneria, ma anche di buone prassi amministrative».
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