Ambrogio
Milano, alle mense dei poveri arriva anche la classe media: il punto sulla legge anti-spreco
La legge 166, che festeggerà i suoi dieci anni nel 2026, rientra insieme alla Carta di Milano tra le eredità di Expo che ha generato effetti positivi che vanno oltre al mero recupero di generi alimentari. Una delle eredità della legge è proprio quel modello culturale che coinvolge da un lato le istituzioni, il legislatore, le scuole, e dall’altro le imprese e il terzo settore.
Il padiglione zero dell’Expo era legato allo spreco alimentare. Aver messo in campo una norma che favorisce la semplificazione burocratica e ha inserito un criterio di premialità fiscale significa aver messo in atto relazioni che portano ad aver recuperato generi alimentari in numero maggiore rispetto al passato, migliaia di tonnellate, ma anche migliori in termini di varietà. In questi anni abbiamo recuperato più alimenti freschi, freschissimi, cibi cotti, da luoghi in cui era più difficile farlo. Milano ha una food policy riconosciuta a livello internazionale, che significa aver favorito il coordinamento tra chi dona e chi riceve, aver lavorato sulla logistica. La legge antispreco interviene quando l’eccedenza si è generata, ma misurare e analizzare i processi significa anche migliorare in un’ottica di prevenzione la gestione degli approvvigionamenti.
A differenza di altre leggi sullo stesso tema, come ad esempio quella francese che parte dal concetto di rifiuto, la legge italiana mette al centro la dignità della persona, quindi una seconda vita che i beni in eccedenza possono avere all’interno della rete della solidarietà sociale. È cosa ben diversa recuperare un alimento per il consumo umano rispetto a recuperarlo per farne energia. Temi che nella Carta di Milano sono stati messi insieme, nero su bianco: i vari volti della sostenibilità ambientale, economica, sociale, ma soprattutto il coinvolgimento di soggetti che dal punto di vista costituzionale hanno un ruolo sussidiario nella società. La Carta di Milano ha coinvolto studenti, terzo settore, imprese, università, e questo dibattito è stato tradotto in uno strumento normativo che ha aiutato a crescere in competenze, in quantità recuperate, in qualità dei punti di recupero.
Rispetto a dieci anni fa il tema del recupero delle eccedenze ha un impatto ancora più rilevante, considerati i bisogni aumentati della popolazione. È cambiata la platea dei beneficiari: prima si rivolgevano le persone nella categoria della povertà assoluta, oggi alle mense arriva anche la classe media. A Milano nello stesso luogo fisico si possono trovare l’emporio solidale, gli abiti, i prodotti per l’igiene, i giocattoli, i farmaci. Una donazione che non avviene più per caso, ma che si struttura attraverso relazioni continuative.
Oggi non ci sono più scuse rispetto al tema delle politiche antispreco. Bisogna mettere in atto modelli organizzativi efficaci ed efficienti e la città di Milano lo sta facendo grazie all’impegno di tanti. Un pensiero che non è rimasto fermo a dieci anni fa ma che si è alimentato con una normativa che l’ha agevolato e con la capacità della città di mettere in rete soggetti diversi. Anche le università hanno dato un contributo importante su fronti diversi. Dieci anni fa c’era un dibattito che oggi entra nella carne viva delle persone, e questo è persino più importante ora che i bisogni sociali sono cresciuti esponenzialmente. Il Comune di Milano è stato un attore importante mettendo in atto una food policy: abbiamo una cornice nazionale ma anche una cornice urbana che fa la differenza.
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