Il tragico schianto del 26enne
“Mio figlio si sentiva in trappola, non l’ho capito”: il dolore del padre di Riccardo Faggin, dalla bugia sulla laurea all’incidente mortale
Riccardo Faggin aveva detto in famiglia che martedì avrebbe discusso la sua tesi di laurea in Scienze Infermieristiche all’Università di Padova. Era tutto pronto per la festa: i vestiti, le bomboniere, il ristorante, il viaggio regalo in Giappone. “Voglio pensare che la sua morte possa insegnare comunque qualcosa ad altri genitori: con l’impegno di tutti si può proteggere anche chi è fragile”, ha detto il padre Stefano, titolare di un negozio di informatica, in un’intervista a Il Corriere del Veneto.
“Evitando di caricare i nostri figli, anche inconsapevolmente, delle nostre aspettative e ambizioni. Perché a volte, la paura di deluderci può diventare un peso insopportabile”. Riccardo Faggin aveva raccontato ai genitori che sarebbe andato a Montegrotto, in un locale, con degli amici. Per rilassarsi e smorzare un po’ la tensione del giorno prima della laurea. E invece che si sarebbe dovuto laureare era una bugia: l’Università ha smentito tutto, non c’era nessuna discussione di tesi in programma, Faggin non era in procinto di laurearsi.
“Riccardo è entrato in crisi con il lockdown, che ha coinciso con la decisione di cambiare cerchia di amici. Gli mancava un esame: Filosofia del Nursering. È stato bocciato una prima volta, poi una seconda … Era come bloccato. Poi a primavera ci ha detto che era riuscito a superarlo e che finalmente poteva concentrarsi sulla tesi”. Al padre non ha mai voluto far legge la tesi: “Un’analisi sulla percezione del servizio sanitario da parte dei pazienti prima e dopo il Covid”.
Poco dopo la mezzanotte del 29 novembre lo schianto violentissimo contro uno dei platani di via Romana Aponense. Gli inquirenti valutano in queste ore tutti gli elementi per ricostruire la dinamica esatta dell’incidente mortale e delle ultime ore di vita del 26enne. Non escludono alcuna ipotesi, nessuna pista. La famiglia e gli amici erano tutti entusiasti del traguardo, di festeggiare insieme con lui. “Non sono uno psicologo ma credo sia iniziato tutto così: una bugia innocente per gestire un momento di debolezza, seguita da un’altra, e poi un’altra …”.
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