Chiesto il rinvio a giudizio per il nonno di Eitan Biran. La Procura della Repubblica ha formulato la sua richiesta per Shmuel Peleg, nonno del bambino unico sopravvissuto della tragedia del Mottarone, che si era consumata nel maggio 2021, e per Abutbul Gabriel Alon, l’uomo che lo aveva aiutato, alla guida della macchina che aveva trasportato il piccolo fino in aeroporto, in Svizzera, da dove sarebbe partito un volo per Israele. Le accuse per i due sono di sequestro aggravato di minore, sottrazione di minore all’estero e appropriazione indebita.

L’episodio rientra nella lunga coda di una vicenda tragica, una strage con 14 morti che si era consumata il 23 maggio 2021 sulla funivia Stresa-Alpino-Mottarone quando una fune dell’impianto ha ceduto e una delle cabine in transito è caduta. Su quella cabina c’erano anche i genitori del piccolo Eitan, il fratello minore e altri familiari. La diatriba familiare, una battaglia legale, legata al bambino sopravvissuto ha aggiunto dolore al dolore.

Le accuse ai due uomini fanno riferimento a quando lo scorso settembre il nonno materno, Peleg, aveva portato il nipotino in Israele. Quindici giorni fa l’uomo era stato arrestato e subito scarcerato, era destinatario di un mandato di cattura internazionale. Il gip del tribunale di Pavia ha sostituito la custodia cautelare in carcere con il divieto di dimora a Milano, Varese e Pavia, dove il bambino vive con gli zii paterni e le cuginette, e disposto anche il divieto di avvicinamento al nipote.

Al momento del sequestro di cui Peleg è accusato, la zia risultava già affidataria del bambino, nominata nel maggio 2021 dal giudice di Torino. Senza avvertirla l’uomo aveva portato Eitan in Israele. I giudici di Tel Aviv hanno disposto infine il rientro del piccolo in Italia. “Pensavo di avere diritto di poter stare con mio nipote, di aver fatto una cosa lecita. Il piccolo è sempre stato bene con me, non l’ho mai nascosto, appena siamo arrivati a Tel Aviv ho informato subito la zia Aya e le autorità locali”, aveva detto il nonno durante l’interrogatorio, difeso dagli avvocati Paolo Sevesi e Sara Carsaniga.

Il volo era partito da Lugano. Secondo l’accusa un “piano premeditato e organizzato” che aveva privato il minore della “libertà personale” con un volo privato “contro la volontà della persona che ne aveva la custodia”. Dopo l’interrogatorio sia il nonno che il complice erano rientrati il primo a Tel Aviv e il secondo a Cipro. Il pm Valentina De Stefano della procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, ha chiuso l’inchiesta lo scorso luglio, stralciando, in vista della richiesta di archiviazione, la posizione della nonna Ester Cohen, ex moglie di Shmuel Peleg.

Solo qualche giorno fa i tre periti incaricati dal gip di Verbania avevano depositato la loro perizia in cui si parlava del degrado della fune come della causa principale della tragedia. “In corrispondenza del punto di rottura – si legge nel documento – il 68% circa dei fili presenta superfici di frattura che testimoniano una rottura (…) a fatica/corrosione dei fili ragionevolmente antecedente la precipitazione del 23 maggio 2021”. Un monitoraggio avrebbe consentito di rilevare il degrado e procedere agli accorgimenti per scongiurare la strage. Per i periti l’incidente è stato causato dal degrado della fune traente “in corrispondenza dell’innesto” nella testa fusa e la presenza dei forchettoni che hanno escluso il funzionamento dei freni d’emergenza.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.