Laura Lieto, vicesindaco e assessore all’Urbanistica del Comune di Napoli, ci racconta le strategie e i progetti dell’amministrazione comunale per affrontare il delicato equilibrio tra sviluppo turistico e diritto alla casa. Dalle misure per prevenire l’overtourism al recupero dell’edilizia abbandonata per il welfare abitativo, fino ai piani infrastrutturali per rendere Napoli una città più inclusiva e connessa, Lieto illustra un percorso ambizioso che mira a tutelare la vivibilità del centro storico senza sacrificare la crescita economica generata dal turismo.

Recentemente c’è stata una riunione in Commissione Urbanistica sul fenomeno dell’overtourism. Quali conclusioni avete raggiunto?
«È stata la sessione di avvio della manovra urbanistica dedicata a questo tema, nella quale abbiamo illustrato i criteri generali di una variante al piano regolatore generale del 2004 che ha come obiettivo il tema degli affitti brevi e più in generale la tutela della residenzialità nel centro storico, della sua tradizionale “mixité sociale”. Abbiamo ricevuto un supporto unanime dalla Commissione e quindi andremo avanti per definire il dispositivo normativo vero e proprio».

Lei afferma che non ci sia ancora un’emergenza abitativa legata direttamente al turismo. Può chiarire questo punto?
«Sì, è importante chiarirlo: noi non neghiamo che esista un’emergenza, non stiamo assolutamente sottovalutando il problema. Esistono gruppi sociali indubbiamente colpiti dal fenomeno dell’overtourism, in particolare gli studenti e le giovani famiglie con difficoltà economiche che si rivolgono al mercato degli affitti. Sosteniamo tuttavia, sulla base del lavoro di analisi svolto in questi anni, che siamo ancora in tempo per intervenire. Questa manovra urbanistica infatti ha un carattere tempestivo, che anticipa esiti del turismo già visti in città come Venezia o Barcellona, ma che a Napoli non hanno ancora assunto un carattere strutturale consolidato. Nei limiti dell’azione di un Comune, il provvedimento è stato concepito proprio per governare il fenomeno prima che avvenga una vera e propria espulsione dei residenti dal centro storico che, per quanto bersaglio privilegiato dei turisti, continua a mantenere la sua preziosa mixité sociale e culturale, il suo carattere di luogo abitato».

Tuttavia, anche il ceto medio napoletano lamenta squilibri provocati dai B&B e dalle case vacanze. Cosa intende fare il Comune per rispondere a questa preoccupazione?
«Questo punto lo abbiamo approfondito analizzando i dati del mercato immobiliare, che ha indubbiamente un certo dinamismo ma che non mostra ancora una relazione diretta ed evidente con il turismo da piattaforme, tale cioè da giustificare l’idea che sia in corso una ristrutturazione economica della città legata all’overtourism. Non ignoriamo la percezione di disagio del ceto medio, anche se va ricordato che Napoli è un distretto turistico ancora giovane rispetto ad altre città italiane, avendo cominciato ad avvertire una forte pressione turistica soltanto dal 2016, con la diffusione di Airbnb e piattaforme simili. Su questo tema, in ogni caso, il Comune interviene concretamente utilizzando immobili pubblici per progetti di co-housing, studentati pubblici e alloggi dedicati prevalentemente alle giovani famiglie e alle fasce vulnerabili della popolazione, con l’obiettivo di compensare gli effetti di mercato. Su questo fronte si gioca infatti una parte importante della riforma del Piano Regolatore, che andrà in Commissione nei prossimi giorni con la variante regolativa alle attrezzature pubbliche».

Il recupero di edifici abbandonati è quindi una priorità della vostra amministrazione anche per scopi abitativi?
«Certamente. Ma non parliamo di edilizia residenziale pubblica tradizionale, bensì di welfare abitativo e co-housing, ovvero strutture comunali riqualificate per accogliere gruppi fragili in difficoltà nell’accesso al mercato immobiliare tradizionale. Un esempio concreto è il progetto di condominio intergenerazionale già attivo a San Nicola al Nilo, nel centro storico, dove anziani autosufficienti convivono con giovani famiglie, che svolgono una funzione sociale in cambio di affitti calmierati. Stiamo replicando questo modello in altre zone della città, con l’obiettivo di integrare residenzialità e welfare».

Si potrebbe quindi puntare a rendere Napoli una città più «larga», diffondendo il fenomeno degli alloggi turistici verso le periferie?
«Sì, questa potrebbe diventare un’opportunità di sviluppo territoriale per aree distinte dal centro. Ci sono tanti quartieri di Napoli, per esempio nelle zone collinari e nelle zone al confine con la provincia, che possiedono un patrimonio culturale e sociale notevole e che potrebbero beneficiare notevolmente di una diffusione equilibrata del turismo. Ovviamente, questo sviluppo è legato anche alla qualità dei trasporti pubblici. Per questo motivo stiamo lavorando attivamente a migliorare la mobilità urbana».

Parlando proprio di mobilità, cosa sta facendo il Comune per connettere meglio le periferie con il centro storico?
«Il nostro piano di mobilità comprende anche importanti opere infrastrutturali pianificate da lunga data, che stiamo accelerando e completando. Tra queste vi è la linea 6 della metropolitana, che collegherà Bagnoli con il centro e l’aeroporto. A breve inaugureremo la nuova stazione del Centro Direzionale e poi quella del Tribunale. È in fase avanzata anche la stazione della metropolitana di Capodichino, che garantirà il collegamento completo della dorsale settentrionale della città. Sono progetti finanziati principalmente con fondi europei, che richiedono tempi lunghi, ma che, una volta completati, renderanno Napoli una città pienamente interconnessa, migliorando significativamente la qualità di vita di residenti e turisti».

Riccardo Italiano

Autore