Esteri
National prayer breakfast, cosa è e quando si festeggia
Non si capisce a fondo la politica americana se non si conosce la realtà del National Prayer Breakfast di Washington, la colazione di preghiera nazionale, un evento ad inviti che si tiene ogni anno dal 1953 e raccoglie politici, esponenti religiosi, imprenditori e altri personaggi di rilievo degli Usa e di un centinaio di altri paesi. Il primo Npb si tenne nel 1953, ma traeva origine – secondo una tradizione orale non ufficiale – da un episodio accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale. Il presidente Roosevelt aveva deciso di condividere le principali informazioni sull’andamento del conflitto con un gruppo ristretto di deputati e senatori che si riuniva riservatamente ogni mattina. Un giorno le notizie dai fronti erano molto brutte e l’alto ufficiale che le illustrava ai parlamentari, come al solito chiese: «Quali sono le vostre indicazioni?». Dopo un momento di silenzio, uno dei presenti disse: «Che possiamo dire? Qui si può solo pregare!». Per lui era un modo di esprimere la sua preoccupazione, ma un altro lo prese come suggerimento e disse: «Questo possiamo farlo davvero».
E iniziò una preghiera spontanea chiedendo l’aiuto di Dio per i soldati, e per tutti quelli che dovevano prendere decisioni sulla condotta della guerra. Fu un momento di alta commozione e alcuni decisero di proseguirlo, in modo separato dalla riunione sulla guerra, coinvolgendo gruppi di deputati, senatori e componenti dei loro potenti staff che già dagli anni ’30 si riunivano per pregare insieme. Queste riunioni di preghiera si svolgevano sempre al mattino presto, prima dell’inizio delle attività parlamentari: fianco a fianco si pregava, e si prega, l’uno per l’altro, l’uno per la famiglia e il collegio dell’avversario politico.
Dopo qualche anno i partecipanti provarono a coinvolgere il numero maggiore possibile di colleghi per un evento annuale, invitando anche membri dei parlamenti degli allora 48 stati dell’Unione (quasi tutti bicamerali tranne uno). La data stabilita era il primo giovedì del febbraio 1953. Il giorno prima, il presidente Eisenhower – insediato da due settimane – convocò un gruppo di deputati per uno scambio di idee al mattino presto. Questi declinarono garbatamente l’invito per via dell’impegno già concordato. Allora chiamò dei senatori ricevendone la stessa risposta. «Cosa avete tutti di così importante così presto al mattino da non poter venire dal vostro presidente?» sbottò. Quando glielo spiegarono, disse: «E perché non invitate anche me?».
Da allora, per 67 volte nessun presidente, repubblicano o democratico, è mai mancato all’appuntamento e così sarà oggi per Donald Trump. Ogni volta gli oratori principali sono due: il presidente e un’altra personalità a sorpresa. Tra queste ci sono stati Tony Blair, Madre Teresa e Sonny Bono. Io sono al mio terzo Prayer Breakfast. La prima volta fu nel 1999: il giorno prima il Senato aveva respinto la richiesta di impeachment nei confronti di Bill Clinton per la vicenda di Monica Lewinski e lui si presentò serafico come niente fosse. La seconda nel 2017, l’esordio di Donald Trump. Oggi, ovviamente, ancora Trump, anche lui all’indomani di un mancato impeachment. L’appuntamento è alle 13 e 30 italiane al Washington Hilton, la cui grande sala è stata ideata apposta per il Prayer Breakfast: 2500 posti ai tavoli per la colazione (si mangia davvero!) e misure di sicurezza adeguate ai presenti.
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