E venne il giorno. Il giorno in cui il Parlamento europeo è chiamato ad esprimersi sulla Nature Restoration Law, pilastro portante del pacchetto di norme green voluto fortemente dal Commissario europeo per il clima, il socialista Frans Timmermans per l’occasione trasformatosi in evangelizzatore ecologista e dall’associazionismo verde che ne ha caldeggiato l’adozione.

Il 12 luglio infatti si tiene la votazione su un provvedimento che sta letteralmente spaccando l’Europa, non solo in termini istituzionali ma anche sociali ed economici, con due fronti nettamente contrapposti, agricoltori da un lato ed ecologisti dall’altro. E del pari, due visioni antitetiche della natura e della presenza umana nell’ecosistema. Ma cosa prevede il provvedimento che nei fatti vincolerà legalmente e obbligherà i Paesi aderenti all’Unione a dotarsi di strumenti per raggiungere gli obiettivi indicati? La normativa in discussione prevede che entro il 2030 almeno il 20% delle superfici terrestri e marine dell’Unione e il 15% dei fiumi vengano ricondotti al loro stato originario.

Inoltre, sempre entro il 2030, si dispone la realizzazione di elementi paesaggistici ad elevata biodiversità su almeno il 10% della superficie agricola utilizzata. Mentre è fissata al 2050 una non meno ambiziosa opera di «manutenzione» ecologica di ambienti che necessitino di interventi. Nei fatti un dirigismo centralizzato che colpirà la pesca, da rendersi più sostenibile, cioè limitata, inciderà sui pesticidi, sulle monocolture e sull`utilizzo del carbonio, divellerà le barriere che separano i fiumi e renderà ardue le varie attività economiche, produttive e industriali collegate al mondo dell`agricoltura.

La votazione si terrà in un frangente altamente polarizzato, e nemmeno gli emendamenti proposti da Renew Europe sembrano aver rasserenato un clima già spaccato in due tra Socialisti (favorevoli) e Popolari (contrari). E se come scriveva Cioran «la natura esagera», qui ad esagerare è la Commissione: il pacchetto infatti – a cominciare dall’approccio semantico che richiama la Restaurazione e in generale una idea quasi punitiva e statica dei rapporti tra ambiente ed essere umano – imbriglia innovazione, produzione agricola, interi settori che rischiano di finire letteralmente devastati.

Ma soprattutto a risultare grottesco è l’approccio culturale che muove la ratio profonda della Nature Restoration Law, non casualmente incensata e voluta dall’ecologismo radicale e privo di compromessi che agita le acque dell’agenda politica: uno spirito decrescista, che non dispiacerebbe a quel primitivismo green alla John Zerzan, e che sembra scarsamente considerare il fattore umano, visto di cattivo occhio e al pari di un disturbo quasi parassitario.