Prima la colonna di fumo nero che si è sprigionata nella periferia meridionale di Beirut. Poi il missile che ha squarciato la notte di Teheran. In poco meno di dodici ore, Israele si è mosso per colpire i suoi nemici. E lo ha fatto punendo sia Hezbollah che Hamas. Nella capitale libanese, ha messo nel mirino Fouad Shukr, noto anche come Hajj Mohsen, l’uomo ritenuto responsabile della strage dei giovani drusi di Majdal Shams, nelle Alture del Golan. Poi, nel cuore della notte, il colpo più letale e simbolico, quello contro Hamas: l’assassinio di Ismail Haniyeh, il capo dell’ufficio politico dell’organizzazione palestinese. Un raid senza precedenti, che ha decapito Hamas mentre il suo leader era nella capitale iraniana per la cerimonia di insediamento del nuovo presidente Masoud Pezeshkian e per incontrare con la Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei.

L’attacco

Alle due di notte locali, un missile ha centrato direttamente la stanza di Haniyeh nella residenza per veterani di guerra e ufficiali dei Pasdaran. Un raid confermato immediatamente dalle stesse fonti iraniane e di quelle di Hamas. E subito dopo la notizia, non ci sono stati dubbi: il leader palestinese era rimasto ucciso insieme alla sua guardia del corpo. Nessuna speranza. Con Hamas e la Repubblica islamica che per diverse ore sono rimaste sotto shock. “Siamo in una continua rivolta e lotta contro il nemico occupante, e la resistenza non finisce con l’assassinio dei suoi leader” ha detto Abdul Salam Haniyeh, uno dei figli dell’uomo ucciso a Teheran. “Un atto vile che non resterà impunito” ha detto dopo poche ore uno dei più importanti esponenti di Hamas, Musa Abu Marzouk. E ieri, da Gaza, una fonte della milizia ha detto che “i combattenti hanno i loro comandi e continueranno a combattere finché Yahya Sinwar e la leadership di Hamas non diranno loro che c’è un accordo”.

Minacce compatte, Khamenei ordina di colpire Israele

Ma le minacce del fronte palestinese – compatto nel condannare l’omicidio di Haniyeh – non cancellano il colpo durissimo inferto dallo Stato ebraico. E sono molti gli analisti che credono che la reazione, se ci sarà, arriverà non dall’organizzazione palestinese, ma dall’Asse della resistenza islamica, quella che fa capo all’Iran. “Con questo atto, il regime criminale e terrorista sionista ha preparato il terreno per ricevere una severa punizione. Per noi è un dovere vendicare il sangue che è stato versato sul territorio della Repubblica islamica dell’Iran”, ha detto Khamenei che ha dato ordine di colpire direttamente Israele. Minacce ribadite anche da Pezeskian e dalle alte gerarchie dei Pasdaran. Tutti convinti che Israele abbia superato il limite, ma anche consapevoli (inevitabilmente) che la difesa del loro Paese ha fallito. Incapace di difendere non solo il proprio spazio aereo, ma anche uno dei loro maggiori alleati nella sfida a Israele.

Il corteo funebre

La Guida suprema ha deciso di guidare lui stesso la preghiera funebre di Haniyeh presso l’Università di Teheran. E sarà lui a dare il via al corteo funebre prima che il corpo del leader palestinese venga riportato a Doha, in Qatar. Ma la vicinanza espressa verso il capo politico di Hamas non sembra bastare. E per questo Teheran e tutte le sue milizie hanno giurato vendetta. Una rappresaglia che ha già fatto scattare l’allarme in Israele, che per precauzione ha chiuso lo spazio aereo nella parte nord del Paese.

Una battuta d’arresto

Ma che preoccupa soprattutto le grandi potenze coinvolte nella regione, sempre più preoccupate da un’escalation che appare fuori controllo. Cina e Russia si sono unite alle forze musulmane condannando il raid. Pechino era stata da poco il teatro della firma di un accordo tra 14 fazioni palestinesi con il coinvolgimento soprattutto di Hamas e dell’Autorità nazionale palestinese. E questo assassinio rappresenta certamente una battuta d’arresto, come lo è – per molti osservatori – per quanto riguarda il negoziato sulla tregua e la liberazione degli ostaggi. Dalla Russia, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha parlato di un “impatto estremamente negativo sui contatti mediati tra Hamas e Israele” e ha accusato i responsabili dell’attacco di essere “consapevoli delle pericolose conseguenze per l’intera regione”. Diversa la posizione degli Stati Uniti, dove l’amministrazione Biden ha fatto capire di non considerare inevitabile la guerra regionale. Un concetto ribadito sia dopo la notizia del raid a Beirut, sia dopo l’omicidio di Haniyeh. Il segretario di Stato, Anthony Blinken, anche ieri ha continuato a parlare di necessario cessate il fuoco a Gaza con tutti i leader regionali. Il capo della diplomazia ha voluto anche smentire qualsiasi coinvolgimento nel raid, su cui invece l’Iran appare molto netto. “Si tratta di qualcosa di cui non eravamo a conoscenza o in cui non eravamo coinvolti” ha sottolineato Blinken. E da Washington, il capo del Pentagono ha già messo in chiaro un dato: “Washington aiuterà a difendere Israele se verrà attaccato”. Segno che gli Stati Uniti non abbandoneranno il proprio alleato in Medio Oriente anche in caso di escalation dovuta a questo omicidio mirato nel cuore di Teheran.