Nel “Si&No” del Riformista spazio al dibattito sulle elezioni europee: lo sbarramento al 3% va abbassato? Favorevole Marco Rizzo di Democrazia Sovrana Popolare secondo cui diminuire di un punto percentuale l’attuale soglia di sbarramento “sarebbe un elemento di chiarezza e di democrazia contro lo status quo“. Contrario invece Ivan Scalfarotto, deputato di Italia Viva, che sostiene: “Conosciamo il proporzionale (e i suoi limiti): la soglia del 4% va bene“. 

Qui il commento Ivan Scalfarotto:

Sarà che la memoria collettiva si è ridotta di molto, ma noi ragazzi degli anni ’60 abbiamo fatto in tempo a vivere un bel pezzo della “Prima Repubblica” e di tutte le magagne che la caratterizzarono: i governi balneari, le convergenze parallele, la non-sfiducia, il fattore K e quant’altro. E benché la depressione del panorama politico attuale – alimentata da dosi massicce di nostalgia del bel tempo andato – ci faccia qualche volta rimpiangere la vita parlamentare di quel pezzo del secolo scorso, mi sento di affermare con tutta tranquillità che quel sistema politico non funzionava.

Il fenomeno di un Paese che godeva al tempo stesso della massima stabilità, data dalla mancanza di un’alternanza tra maggioranza e opposizione, e soffriva della massima instabilità, con governi che a volta duravano al massimo per qualche settimana, trovava una delle sue cause principali nel sistema elettorale di allora, un proporzionale puro che garantiva in modo totale la rappresentanza, ma che contemporaneamente produceva un frazionamento del quadro politico tale da rendere la governabilità un miraggio. Dall’Italia si guardava agli altri grandi Paesi del mondo (Giappone escluso, dove pure si votava con il proporzionale) e alle loro democrazie “perfette”, con una certa invidia: sistemi bipolari – se non compitamente bipartitici – dove la sera delle elezioni si sapeva chi aveva vinto e chi aveva perso, e dove si restava al governo, quando andava bene, per dieci anni. Non per cinquanta.

In più, a tutti i livelli, il voto con il sistema proporzionale era come una cambiale in bianco: si votava per un partito senza che si avesse la minima idea dell’uso che il partito avrebbe fatto dopo il voto. Nessun impegno di coalizione, nemmeno fragilissimo come quelli che hanno poi caratterizzato la seconda repubblica, nessun programma di governo che potesse avere una qualche credibilità, posto che il programma vero si sarebbe negoziato solo per la formazione del governo. Di fatto, si trattava di limiti che erano certamente amplificati dalle specificità italiane ma che avevano anche a che fare con quel sistema elettorale che presenta limiti che emergono anche nelle esperienze di altri Paesi, basti pensare ai tempi che richiede la formazione di un governo in Germania o in Olanda.

Con gli anni ’90 l’Italia abbandona il proporzionale praticamente a tutti i livelli istituzionali, tranne che per una consultazione: le elezioni europee. Una scelta, quella dell’Unione, comprensibile. Al Parlamento europeo, per come le istituzioni di Bruxelles sono costruite, è evidente che la necessità principale da soddisfare è quella della rappresentanza, non quella della governabilità. E dunque le elezioni europee tornano a essere da noi l’occasione per ciascun partito di correre da solo, di enfatizzare le proprie differenze, di esaltare gli aspetti identitari, di mostrarsi all’elettorato “in purezza”, senza avere necessariamente una visone o un progetto a lungo termine per il Paese. È per questo che dove si adotta quel sistema elettorale è quasi sempre previsto un correttivo, una soglia, per evitare la frammentazione eccessiva. Con lo sbarramento, inoltre, si fa in modo di assicurare rappresentanza solo a partiti e movimenti politici che dimostrino da un lato di avere un minimo di consistenza nel paese e garantiscano dall’altro di non essere raggruppamenti puramente estemporanei, legati a momenti o a congiunture specifiche, posto che l’impegno con gli elettori è poi vincolato a un tempo – cinque anni – che nel periodo storico che viviamo può rappresentare un tempo lunghissimo.

È un correttivo secondo me indispensabile e che richiede una sua certa significatività per essere efficace, tant’è che in Germania la soglia di sbarramento è posta a un livello, il 5%, sempre sfidante anche per partiti storici come il Partito Liberale. Come ogni sistema elettorale, il proporzionale ha pregi e difetti. Noi italiani conosciamo abbastanza bene i suoi limiti per sapere che la soglia al 4% va bene com’è.