Nel “Si&No” del Riformista  spazio al ritorno alle “gabbie salariali”, il disegno di legge della Lega che prevede di considerare il costo della vita come parametro, oltre a quelli già previsti per legge, nell’attribuzione dei trattamenti economici accessori ai dipendenti pubblici e privati. Favorevole Massimiliano Romeo, capogruppo Lega al Senato, secondo cui “bisogna tenere conto del costo della vita come un parametro“. Contrario Pietro Massimo Busetta, professore ordinario Università di Palermo, che ribatte: “Con una visione miope si propone una vecchia ricetta rabberciata“.

Qui il commento di Pietro Massimo Busetta:

Vecchie ricette senza costrutto per problemi antichi. In realtà questo ritorno ossessivo a soluzioni rabberciate, frutto esclusivo di una visione provinciale e piccola di una realtà complessa, fa capire quanta strada vi sia ancora da percorrere soprattutto da parte di una forza politica, che pur se vorrebbe porsi come forza nazionale, e pur avendo assunto responsabilità di governo con posizionamenti ministeriali rilevanti e di grandi responsabilità, rimane ancorata a luoghi comuni e a interessi di cortile, assolutamente improponibili. Il tema riguarda il passaggio avvenuto alla Camera che propone una vecchia idea della Lega che al primo approccio sembrerebbe corretta. Hanno votato un ordine del giorno per chiedere che gli insegnanti siano pagati di più al Nord.

La logica sarebbe questa: assunto che il costo della vita, registrato dall’Istat, evidenzia una differenza tra Nord e Sud, consistente in alcuni punti percentuali, per una forma di equità retributiva, si vuole dare un bonus ai professori che insegnano nelle scuole settentrionali, perché il salario reale sia uguale a quello di coloro che insegnano invece nelle realtà nelle quali il costo della vita sarebbe più basso. Sembrerebbe una logica stringente, in realtà è una visione miope. Infatti il costo della vita calcolato dall’Istat registra una parte soltanto degli oneri che gravano sulla famiglia. Il cui impegno economico non dipende esclusivamente dal carrello della spesa, che evidentemente è diverso se abiti in via Montenapoleone a Milano o in via Atenea ad Agrigento.

Ma vi sono molto considerazioni da fare che ribaltano la situazione e la logica che prevale in questo emendamento, che la Lega con un blitz, del quale molti non si sono resi conto, ha fatto passare. E riguardano alcuni costi che gravano sulle famiglie meridionali e dei quali l’Istat non può tenere conto. Si tratta di una serie di costi che se valutati adeguatamente porterebbero ad un utilizzo di bonus per chi abita nelle zone più disagiate del Paese. Si tratta della mancanza di quei diritti di cittadinanza conseguenti ad investimenti pro capite differenti nelle diverse parti del Paese, che provocano carenze che poi vengono recuperate dalle famiglie. A cominciare dalla insufficienza degli asili nido, che costringono molti nuclei a ricorrere ai servizi dei privati, che ovviamente rimangono a carico delle coppie meridionali. Per continuare con la carenza del Tempo Pieno a scuola, che costringe moltissimi a portare i propri figli per le attività extracurricolari, che altrove vengono svolte nel dopo scuola (insegnamento dell’inglese, palestra), e i cui costi vengono affrontati con il budget familiare.

Ovviamente il salasso per le famiglie continua con il mantenimento dei figli nelle università del Nord, decisione conseguente alla consapevolezza che solo così si può avere la possibilità di trovare immediatamente un lavoro appena laureati. A continuare con la carenza di servizi di mobilità che obbliga molti nuclei ad avere una auto perché li mezzi pubblici sono inesistenti. Senza parlare di una sanità che costringe spesso ai cosiddetti viaggi della speranza che sono a carico oltre che della sanità regionale anche delle famiglie e che costringono a spostamenti estremamente costosi.
L’ultima considerazione da fare riguarda un concetto generale che prevede che con uno stipendio di un professore al Sud deve vivere una famiglia, considerato che in genere la donna spesso non lavora per mancanza di opportunità esistenti oltre per la carenza di servizi come gli asili nido. Per questo l’approccio della Lega è superficiale e va respinto in modo determinato. Perché va chiarito che quando si parla di costo della vita non si può fare riferimento soltanto all’indice riguardante l’impegno per il carrello della spesa ma che va fatto un discorso più generalizzato.

Pietro Massimo Busetta / Prof. Ordinario Università di Palermo

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