Repubblica ieri mattina ha lanciato sull’online uno scoop clamoroso. Ha pubblicato l’elenco delle ditte che hanno versato soldi alla fondazione Open, che poi ha finanziato Matteo Renzi. Questo elenco per la verità è piuttosto noioso, ma soprattutto non nuovissimo. Il Corriere della Sera ha ammesso di averlo quasi una settimana fa. E aveva già pubblicato tutti i nomi che piacciono alla piazza. Repubblica ha arrancato un po’, ma ora è arrivata. Meno male.

Domanda: quali sono i delitti che queste ditte, o i loro proprietari, hanno commesso? E proprio questo è il problema: finora pare che non si sia trovato nessun reato da attribuire ai finanziatori di Open, perché i versamenti erano a norma di legge; non è proibito finanziare una fondazione. Risulta tuttavia, in questa vicenda, un reato che è stato commesso all’interno della procura di Firenze: la fuga illegale di notizie verso le redazioni dei giornali.

Cosa è successo? Che qualche magistrato, o qualche cancelliere o qualche agente o ufficiale della Guardia di Finanza, alle dipendenze della Procura, ha fatto recapitare alle redazioni di alcuni giornali gli elenchi delle ditte sotto osservazione o destinatarie di un ordine di perquisizione. Questo è un reato piuttosto grave, sancito dal codice penale. E precisamente dall’articolo 326, che dice così: «Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno».

Toccherebbe alla Procura di Genova, che ha la competenza per indagare sui magistrati toscani, di indagare su questo reato. E l’azione penale è obbligatoria, a norma di Costituzione. Però, finora, la Procura di Genova non si è mossa. Del resto, per esempio, non risulta che nessuna Procura si mosse quando dilagarono le fughe di notizie che rasero al suolo Luca Palamara (procuratore aggiunto di Roma, non molto amato da parecchi suoi colleghi).

Poi c’è da dire che oltre al codice penale c’è anche il testo unico sull’ordinamento giudiziario che prevede misure disciplinari (che deve adottare il Csm) a carico delle Procure che, anche senza dolo, siano considerate responsabili della fuga di notizie. È un po’ difficile non sospettare – almeno sospettare – che qualche responsabilità nella fuga di notizie dalla procura di Firenze spetti alla procura di Firenze. No? Si può arrivare a questa conclusione anche senza avere le doti professionali dell’investigatore esperto. Eppure non risulta ancora, fino adesso, che il Csm abbia deciso di prendere qualche contromisura, anche per impedire che la fuga di notizie continui, anche a favore di giornali ritardatari come Repubblica. Toc toc: c’è qualcuno al Csm? Silenzio… Devono essere usciti tutti.

Nell’elenco delle ditte responsabili di aver finanziato Renzi – l’elenco pubblicato da Repubblica – c’è anche quella dell’editore di questo giornale. La Romeo, cioè il gruppo di società che fanno capo a Alfredo Romeo. Repubblica definisce queste società la galassia Romeo, dando, forse, alla parola galassia, un valore negativo. Almeno come suggestione. Se uno controlla una galassia – è il ragionamento che induce – deve avere qualcosa da nascondere, no? Sennò perché dovrebbe avere messo su una galassia?

Il nome di Romeo era già uscito sul Corriere della Sera e su altri giornali. Era stato scritto che le sedi delle sue società erano state perquisite. Notizia falsa. Nessuno ha perquisito Romeo. Ma allora è vero o no che Romeo ha finanziato la Open e quindi Matteo Renzi? No, in realtà non è vero, perché Romeo ha finanziato effettivamente la campagna delle primarie di Matteo Renzi nel 2012 (quando Renzi perse e quando non aveva alcuna possibilità di vincere ) ma non attraverso la Open, fondazione che allora ancora non esisteva, bensì attraverso una società che si chiamava Big Bang. Il finanziamento, di 60mila euro, era legittimo, libero e trasparente. Renzi non poteva dare niente in cambio, perché era ancora semplicemente il sindaco di Firenze, e niente lasciava presagire il fallimento di Bersani e la rapida ascesa del giovane Matteo (nel 2012 non c’era scommettitore che non scommettesse sul trionfo elettorale di Bersani). E allora?

Beh, una considerazione da fare è che Romeo è stato usato come bersaglio con l’obiettivo di colpire Renzi. Questo lo hanno capito tutti. Anche se le relazioni tra Romeo e Renzi sono molto, molto flebili, e dopo quel finanziamento non ci fu più neppure lo scambio di un euro. L’altra considerazione da fare è che il nostro giornalismo è a un livello basso basso basso. Come, più o meno, ha scritto su Twitter qualche giorno fa un giornalista abbastanza attendibile e molto serio come Gianni Riotta. Prova di questo giornalismo poco serio, poco veritiero e molto pettegolo, è l’invasione, proprio ieri, di un paio di giornalisti, che hanno detto di esser di La7, nella redazione del nostro giornale. Volevano sapere da Romeo se aveva dato i soldi a Renzi per avere un vantaggio su Consip. Consip? Si Consip. Ma cosa c’entra Renzi, nel 2012, con Consip? Ovviamente meno di niente. E l’intera vicenda Consip inizia cinque anni dopo. Ci sono anche dei giornalisti che viaggiano con la macchina del tempo. Tanto qual è il problema? Nel giornalismo, in Italia, che una notizia sia vera o falsa non ha più nessunissima importanza.

P.S. Ma almeno – chiedevano i due di La7, è vero che Romeo è amico di Bianchi, il patron della Open? O perlomeno lo conosce? Sì, lo conosce: se l’è trovato contro, come avvocato, in diversi contenziosi amministrativi.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.