Dietro la morte di Alice Scagni, la 34enne uccisa a coltellate dal fratello Alberto la sera del primo maggio scorso a Quinto, quartiere residenziale del levante di Genova, vi sarebbe una grave omissione da parte delle forze dell’ordine, chiamate più volte ad intervenire e fermare il 43enne che ha ucciso la sorella.

È questa la tesi della famiglia Scagni, difesa dall’avvocato Fabio Anselmo, legale anche del caso Cucchi, che ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Genova. Omissione che, per Anselmo, si inquadrerebbe nell’articolo 586 del Codice Penale: la morte conseguenza non voluta dell’omissione dolosa.

A scriverlo è Repubblica. La famiglia Scagni sin dai giorni successivi all’omicidio aveva puntato il dito contro il mancato intervento delle forze dell’ordine: nelle scorse settimane Enzo Scagni e la moglie Antonella Zarri avevano pubblicato sui social le telefonate e le chat minacciose avvenute tra Alberto, la sorella e la famiglia.

“Se tra cinque minuti non ho i soldi sul conto, lo sai stasera dove sono Gianluca e tua figlia? Sai dove cazzo sono?”, erano state le parole nell’ultima telefonata tra Alberto Scagni e il padre, poche ore prima che il 42enne che da mesi manifestava segni di disagio mentale uccidesse la sorella sotto la sua abitazione.

Per i genitori di Alice le forze dell’ordine non fecero nulla per evitare quella tragedia. Antonella Zarri, madre di Alice, ha accusato la polizia di aver sottovalutato il pericolo, riferendo che alla loro telefonata con richiesta di aiuto alla centrale operativa, la risposta sarebbe stata: “Signò, non facciamola tragica”. “Poi mi hanno detto che non c’erano volanti da mandare sotto casa nostra e quella di Alice”, l’accusa della donna.

Sempre in quel fatidico primo maggio, tra Alice e la madre Antonella vi era stato un fitto scambio di messaggi su WhatsApp che, secondo l’avvocato Anselmo, evidenziano ancora una volta la pericolosità della situazione familiare dovuta alle minacce del fratello Alberto, di cui erano a conoscenza sia le forze dell’ordine che i servizi Asl.

In un messaggio, riferisce Repubblica, Antonella Zarri scrive alla figlia Alice che “… la sembrava interessante per loro, hanno ribadito che deve esserci aggressione o minaccia di persona e allora di chiamare immediatamente il 112”.

Quindi spiega alla figlia cosa fare nel caso Alberto fosse andato a casa sua e del marito: “Se dovesse suonare il citofono invitarlo ad andarsene, suggerisco con scusa che bimbo non sta bene per non esacerbarlo, e se insiste chiami immediatamente il 112 e ovviamente mi avvisi…. Comunque oggi hanno annotato i suoi dati e quindi è strasegnalato”.

La Procura intanto ha aperto un fascicolo parallelo a quello dell’omicidio, puntando l’attenzione proprio sul comportamento della polizia ed anche dei servizi sociali.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.