Per la famiglia le autorità minimizzarono l'allarme
Alice Scagni uccisa dal fratello, l’ultima telefonata del killer al padre: “Sai stasera dove sono Gianluca e tua figlia?”
“Se tra cinque minuti non ho i soldi sul conto, lo sai stasera dove sono Gianluca e tua figlia? Sai dove cazzo sono?”. Si chiude così la telefonata del primo maggio scorso tra Alberto Scagni e suo padre, poche ore prima che il 42enne, che da mesi manifestava segni di disagio mentale, uccidesse la sorella Alice sotto la sua abitazione di Genova, massacrata a colpi di coltello.
Un minuto di ‘confronto’, se così si può chiamare, in cui il 42enne ripete una valanga di insulti e minacce al genitore, fino a concludere la telefonata con quelle parole che terrorizzano il genitore. Il padre, ancora sconvolto, allerta immediatamente il 112 perché spaventato che il figlio potesse compiere un gesto estremo contro Alice e il genero Gianluca Calzona.
Eppure le autorità non faranno nulla per impedire l’omicidio della 34enne, madre di un bambino, uccisa sotto casa. Antonella Zarri, madre di Alice, accusa la polizia di aver sottovalutato il pericolo e riferisce che alla loro telefonata alla centrale operativa la risposta sarebbe stata: “Signò, non facciamola tragica”. “Poi mi hanno detto che non c’erano volanti da mandare sotto casa nostra e quella di Alice”, l’accusa della donna.
Da quel giorno i genitori di Alice hanno avviato una battaglia legale per capire se vi siano responsabilità delle autorità, dalle forze dell’ordine alla magistratura, fino a quelle di igiene mentale, nella morte della figlia. La famiglia si è affidata all’avvocato Fabio Anselmo, già legale di Ilaria Cucchi e dei genitori di Federico Aldrovandi: la Procura dal suo canto ha aperto un’inchiesta per omissione d’atti d’ufficio e nelle settimane scorse ha ascoltato i poliziotti e i sanitari coinvolti. Ma gli inquirenti per ora hanno sottolineato come le procedure in assenza di precise denunce non prevedessero interventi contenitivi preventivi.
“La Procura – ha spiegato invece Anselmo in una recente intervista – ci impedisce di entrare nel procedimento sulle omissioni. Mi chiedo: è possibile che si premuri di dire ai giornalisti che esiste un’indagine su quanto non è stato fatto prima dell’omicidio, ma che poi di fatto usi ogni mezzo per tenere fuori dagli accertamenti i genitori della vittima?”.
Nella giornata di ieri, 25 agosto, compleanno del figlio Alberto attualmente detenuto in carcere, la madre ha scritto questo messaggio sui social: “42 anni fa, giusto a quest’ora (22.45, ndr), ero mamma entusiasta e orgogliosa di Alberto – le parole Antonella Zarri – Poi non ci è toccata in sorte la vita facile e felice a cui ho fantasticato tutta notte il 25 agosto 1980. Ma non meritavamo di essere abbandonati a un destino distruttivo, non meritavamo che nessuno volesse ascoltare e dare aiuto al grido di rabbiosa disperazione di questa telefonata che nessuno si è fatto carico di ascoltare il Primo Maggio. Eppure l’abbiamo implorato al 112. Fate ascoltare il nostro grido, o vi vergognate?”.
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