Makka era stata trovata appoggiata alla parete ancora in stato di choc, ieri sera, 1 marzo, quando dopo l’ultimo litigio con il padre ha deciso di accoltellarlo all’addome. Portata in caserma, dove è stata ascoltata per tutta la notte ha poi confessato il delitto: “Sono stato io ad ucciderlo, ero stanca delle continue violenze che subivamo io e mia madre”.

La lite in famiglia

A Nizza Monferrato, in provincia di Asti, la sua famiglia di origini russa era arrivata grazie ai percorsi umanitari. La ragazza, 18 anni, classe 2005, si era perfettamente integrata in comunità e andava a scuola assieme ai suoi tre fratelli. Primogenita, frequentante il terzo anno del liceo scientifico con buoni risultati, lavorava alla sera in un ristorante, così come i suoi genitori. Una tranquillità solo apparente visto che da tempo madre e figlia subivano violenze domestiche, mai denunciate.

E dopo l’ultimo litigio scoppiato in casa è scaturita la tragedia. Ieri sera l’uomo, dopo essersi licenziato da lavoro pensava già al ritorno in patria, probabilmente a causa di problemi economici. Lo scambio verbale tra le mura è diventato improvvisamente violento, e dalle parole si è passati alle mani. A farne le spese è stata la madre, e la giovane ha scelto di intervenire impugnando un coltello. Prende l’arma e colpisce il padre: un fendente all’addome. A terra, muore poco dopo.

“Nostro padre ci ha sempre picchiato, praticava arti marziali”

“Papà ci ha sempre picchiate – aggiunge Makka nel suo racconto -. In Cecenia era anche peggio. Lui praticava arti marziali, boxe e karate. Colpiva anche i miei fratelli quando si ritrovavano in mezzo alle liti. Anche quella sera mi ha inseguito per casa, mi ha presa a pugni. Poi nostra madre si è di nuovo intromessa, voleva proteggermi. Io ho preso un coltello per difendermi, non volevo ucciderlo, mi sono difesa”.

La confessione e il trasferimento in comunità

Dopo un’intera notte di interrogatorio ha confessato il parricidio. La vittima, di nome Akhyad Sulaev aveva 50 anni. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Canelli e Nizza Monferrato ai quali sono state affidate le indagini coordinate dal pm Andrea Trucano della procura di Alessandria. Makka si trova in una comunità protetta, sotto la sorveglianza dei carabinieri e degli operatori della struttura.

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