La testimonianza più importante sull’omicidio di Thomas Christopher Luciani arriva dal figlio di un alto carabiniere. Un ragazzo presente al momento in cui le 25 coltellate hanno colpito il corpo del 17enne, domenica sera al Baden Powell di Pescara. “Deve rimanere tra noi”, era stato l’ordine dei due presunti assassini ora in stato di fermo in un centro di prima accoglienza, ma non è andata così. Il testimone oculare – come riporta Repubblica – ha avvertito il fratello, si è confrontato con i suoi amici e ha raccontato tutto al padre. Non c’era più tempo per salvare Luciani. “Ero sicuro che era morto, aveva ricevuto tante coltellate, all’addome, alla gamba”.

Il litigio

È stata una lite verbale scaturita ieri pomeriggio a dare il via all’aggressione. Alla base della vicenda ci sarebbe un debito non pagato di poche centinai di euro, forse 200-250€. Alcune ipotesi legherebbero la somma allo scambio di droga (il parchetto è descritto come una piazza di spaccio dai residenti) visto che il ragazzo aveva un precedente. Lì è morto. “Faceva dei versi quasi di morte e loro gli dicevano di stare zitto”, racconta il testimone. “Lui era a terra, con una gamba accavallata all’altra, ripiegato a terra, esposto ai colpi sul fianco. Ero allibito, non sapevo cosa fare, volevo fermarli ma non sapevo come fare. Mentre lo facevano sembrava che non ci stessero più con la testa”. In un’altra rivelazione, il testimone  fa sapere che “uno dei due minorenni fermati, aveva una pistola di piccole dimensioni”.

Il coltello lanciato in mare

Il cadavere del 17enne è stato invece ritrovato soltanto alcune ore dopo, dietro un cespuglio: ed è stato uno dei giovani che facevano parte del gruppo insieme ai due indagati, dopo aver compreso la gravità dell’accaduto, a dare l’allarme. Da lì inquirenti, diretti dal vicecapo della squadra mobile di Pescara Mauro Sablone, hanno seguito i movimenti dei ragazzi della zona, un gruppo di sette o otto persone, fino a risalire ai due presunti assassini. Secondo le ricostruzioni i due dopo averlo assassinati sarebbero andati al mare, a fare un bagno. Lì avrebbe vero provato a disfarsi del coltello da sub utilizzato, ora ricercato da sommozzatori dei vigili del fuoco. Proprio sull’arma arriva un’importante rivelazione dallo stesso testimone: “Hanno preso un calzino, era insanguinato, con dentro il coltello e lo ha lanciato verso gli scogli”.

Dai ragazzi nessun segnale di pentimento

Secondo quanto appreso dall’Ansa da parte di fonti investigative: “I due ragazzi fermati non avrebbero tradito emozioni durante il primo interrogatorio”. Si evidenzia “assenza di empatia emotiva o pentimento. Nei prossimi giorni – fanno sapere – si vedrà se a determinare questo stato è lo choc e ci saranno cambiamenti emotivi”. Uno dei due ha affermato di non aver mai conosciuto la vittima, ma solo di sapere chi fosse. I due ragazzi dopo la chiusura dell’interrogatorio sono stati trasferiti uno presso la struttura dedicata all’accoglienza nel Tribunale dei Minori dell’Aquila, l’altro in una struttura analoga nel centro di Roma.

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