Ieri tutti i giornali, quelli di carta e quelli online, hanno titolato, in prima pagina, sulle perquisizioni ordinate dalla Procura di Firenze contro la fondazione “Open” e contro Matteo Renzi. Gli articoli erano quasi tutti uguali. Anche negli avverbi, nelle congiunzioni, nei gerundi. Strano.

Strano? No, non tanto, probabilmente erano in parte copiati, o adattati, da un’unica fonte, e dunque da un’unica prosa. Vedete voi di capire quale. Cercate di intuire se questa prosa possa essere accostata al modo di scrivere che piace di più alla Procura di Firenze. Quasi tutti i giornali (tranne forse la sola Repubblica e il napoletano Il Mattino) avevano anche la notizia della perquisizione – in ufficio o in casa – eseguita nei confronti di Alfredo Romeo. Probabilmente saprete che Alfredo Romeo è l’editore di questo giornale. Perciò ieri gli ho chiesto: “A che ora ti hanno perquisito ieri sera? Perché non me lo hai detto e mi hai fatto bucare la notizia?“. Mi ero un po’ arrabbiato.

Lui mi ha risposto che non ha subìto nessuna perquisizione. Me l’ha giurato. Dunque i casi sono due: o diversi giornali, tra i quali il numero 1 dei giornali italiani, si sono inventati di sana pianta tutti la stessa notizia – ma questa possibilità è statisticamente molto improbabile: i giornali spesso inventano le notizie, ma è difficile che inventino tutti la stessa – oppure hanno avuto la notizia della perquisizione dalla stessa fonte. Quale fonte? Beh, torna il sospetto che la fonte fosse la Procura di Firenze. Perché la Procura di Firenze ha dato una notizia falsa ai giornali? E perché i giornali l’hanno pubblicata senza verificarla? Anche qui la risposta non è difficile: succede molto spesso. Succedono spesso tutte e due le cose.

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Però c’è una seconda ipotesi, ed è molto inquietante: che la notizia non fosse falsa. E cioè che la Procura avesse ordinato anche la perquisizione a Romeo, ma poi per qualche ragione abbia rinunciato e si sia scordata di avvertire i giornalisti. Oppure che non abbia rinunciato e la perquisizione sia stata rinviata. In tutti e due casi sarebbe avvenuta una cosa gravissima: la Procura avrebbe permesso una fuga di notizie gravissima, commettendo un reato molto serio. Tipo quello per il quale – pur se non ci sono mai state prove di colpevolezza – Totò Cuffaro scontò quasi cinque anni di prigione. CONTINUA A LEGGERE >>>

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.