La challenge de “Il Riformista dell’anno” è stata bella, partecipata (quasi 5.000 votanti) e combattuta. I sedici nomi iniziali li abbiamo scelti noi, poi sono stati i lettori e gli amici del giornale a decidere, in maniera finanche sorprendente per lucidità e chiarezza. Basta solo pensare ai quattro finalisti, che in fondo testimoniano facce diverse ma non poco simboliche del riformismo per come noi lo concepiamo: globale, coraggioso, non conformista, realistico.
Da Volodymyr Zelensky, simbolo universale della resistenza contro i nemici della libertà e dell’Occidente; ad Anita Friedman, appassionata costruttrice di un’associazione che si batte contro tutte le forme e le varianti dell’antisemitismo, il peggiore dei mali del mondo contemporaneo; a Giorgia Meloni, scelta da molti in quanto incarna l’attuale “possibile” riformismo di governo, sia pure lacunoso e insufficiente; fino alla vincitrice, la nostra grande amica Paola Concia, che in fondo li comprende tutti, i connotati del riformismo. Di Paola non si può certo negare il coraggio, lei che combatte da anni – da quando non era di moda, si può dire? – per i pieni diritti e per il potere delle donne. Tantomeno si può obiettare sulla sua totale assenza di conformismo. Perché, con la stessa inesausta passione che l’ha sempre contraddistinta, oggi Paola combatte contro le degenerazioni delle battaglie femminili e femministe, e le insopportabili, spesso grottesche esasperazioni woke del politicamente corretto. Così come ci vuole tanta forza d’animo, determinazione (e tantissima pazienza…) per abbandonare i comodi lidi del luogocomunismo di sinistra e tuffarsi quotidianamente nel dibattito pubblico senza insegne né bandiere, se non quella della propria libertà.
È dunque meritatissimo e ben scelto il premio a Paola, che festeggeremo insieme il prossimo 29 gennaio. Segnatevi già da ora la data, e buon 2025 a tutti, riformisti e non!