Oggi l’Assemblea Generale dell’Onu sarà chiamata a esprimersi sulla risoluzione per la Moratoria universale della pena di morte. Nonostante la crisi pandemica il Governo italiano ha dedicato in questi mesi la massima attenzione all’iniziativa contro le esecuzioni capitali, tradizionalmente centrale nella nostra agenda politica estera da quando, nell’ormai lontano dicembre 2007, le Nazioni Unite approvarono la prima storica risoluzione in materia. Anche quest’anno l’Italia è stata pienamente impegnata affinché, dopo il voto nella III Commissione di alcune settimane fa, anche l’Assemblea Generale si pronunci nuovamente chiedendo a tutti i Paesi – quali che siano gli ordinamenti vigenti – di aderire all’impegno per la moratoria. L’obiettivo che ci siamo posti è stato quello di consolidare – e possibilmente allargare – lo straordinario risultato raggiunto lo scorso anno.

In questo sforzo merita ricordare l’evento di alto livello sulla pena di morte e la dimensione di genere che, a margine della Settimana UNGA lo scorso settembre, è stato aperto dal Ministro Di Maio e al quale hanno partecipato, tra gli altri, l’Alta Commissaria per i Diritti Umani Bachelet e la Relatrice Speciale ONU per le esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie Callamard. Non ci siamo fermati a questo: l’Italia ha mobilitato la propria rete diplomatica, con lo scopo di sensibilizzare quanti più Governi e Paesi su questo tema fondamentale di civiltà. Il contesto non è facile, con la già ricordata pandemia che ha reso difficile una piena mobilitazione, mentre la modalità di voto da remoto, unita all’impossibilità di svolgere in molti casi un’azione diplomatica vis à vis, possono far temere un aumento dell’astensionismo.

Tuttavia abbiamo ricevuto dalle nostre sedi un numero consistente di riscontri sui propositi di voto di molti Stati che fanno ben sperare. Non sarà facile migliorare l’ottimo risultato del voto del dicembre 2018, che ha registrato il numero record di 121 voti a favore, 35 contrari e 32 astensioni. Abbiamo in queste settimane puntato a modificare la posizione di alcuni Stati cercando di cambiare la loro precedente posizione, da astenuto a favorevole e da contrario ad astenuto, e al contempo ad evitare arretramenti in senso opposto, oltre che a contrastare anche l’astensione.

La versione finale della risoluzione depositata presenta importanti novità rispetto al testo del 2018, in particolare, il riconoscimento del ruolo svolto della società civile nella lotta contro la pena di morte, un riferimento all’applicazione discriminatoria della pena di morte nei confronti delle donne e infine un nuovo paragrafo che invita gli Stati a garantire che i bambini, le famiglie e i rappresentanti legali delle persone condannate a morte ricevano informazioni adeguate sulle loro condizioni e abbiano anche la possibilità di poter fare un’ultima visita o una comunicazione con il condannato, nonché a assicurare il ritorno del corpo alla famiglia per la sua sepoltura.

Uccidere in nome della giustizia è una pratica non accettabile per la cultura giuridica di un Paese che ha dato i natali a Cesare Beccaria. La pena capitale inoltre è una misura inefficace come deterrente e ha conseguenze irreparabili in caso di errori giudiziari. La Moratoria è la mitigazione, non la soluzione del problema. Ma è comunque un passo molto significativo e concreto ed è per questo che la Farnesina, insieme a Nessuno Tocchi Caino, ad Amnesty International e alla Comunità di Sant’Egidio, anche quest’anno non ha risparmiato nessuno sforzo per compiere un passo avanti nella giusta direzione.