Prima le spie. Poi il gas. Per la chiusura unilaterale dei gasdotti russi non sono attese “decisioni ad horas” riferiscono fonti del Comitato parlamentare per la sicurezza nazionale. Blocco totale invece per carbone, divieto di approdo per i mercantili russi (tranne che per alcune tipologie di merci) e divieto di export per tutti il materiale del comparto elettronico e meccanico. È il quinto pacchetto di sanzioni che avrà oggi il via libera della Commissione europea e su cui l’Italia è perfettamente allineata.

È davanti al Copasir presieduto da Adolfo Urso (Fdi) che Mario Draghi ha aggiornato il Parlamento su vari fronti tutti intrecciati con la guerra in Ucraina e il quadro geopolitico internazionale. Un’audizione durata due ore in cui il premier è sembrato “rilassato” ed “empatico” oltre che dare la massima disponibilità a rispondere su tutto. Il premier ha chiesto al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti Franco Gabrielli di sedere alla sua destra per tutta la durata dell’audizione. Guerra in Ucraina; le atrocità a Bucha e negli altri villaggi e centri abitati via via che vengono riconquistati dalle truppe ucraine; l’espulsione dei diplomatici russi; l’indipendenza energetica che è “questione di sicurezza nazionale” e il conseguente piano di diversificazione: erano tanti i punti all’ordine del giorno e due ore sono il minimo di tempo necessario per approfondire questioni così delicate. È rimasta fuori del tutto invece la missione “dalla Russia con amore” approvata dal governo Conte 2 ai tempi del primo lockdown. Il Comitato proseguirà la audizioni sul caso dei militari russi che, in missione sanitaria, volevano però “bonificare uffici pubblici”. Ma il Copasir non ha bisogno di sentire l’attuale governo.

Draghi è entrato a palazzo San Macuto, sede del Copasir, poco dopo le 11. Poco dopo che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha informato circa l’espulsione dall’Italia di trenta diplomatici russi “per motivi di sicurezza nazionale”. Draghi ha spiegato l’allontanamento dei funzionari comunicato direttamente all’ambasciatore russo a Roma, «in quanto il loro profilo non è conforme agli standard internazionali di comportamenti diplomatici». Un giro di parole assai vellutato per definire spie i suddetti diplomatici. Del resto il metodo classico di “appoggiare” i servizi segreti russi negli altri paesi è farli diventare diplomatici. E nell’ambiente i loro profili sono più o meno noti. Draghi ha poi spiegato, una volta arrivato a Torino per una tappa di presentazione del Pnrr che l’allontanamento “è stato deciso in accordo con altri partner europei ed atlantici”. Un comunicato della Farnesina ha aggiunto che «il provvedimento si è reso necessario per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale e nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Russia».

La guerra sul campo è anche, inevitabilmente una guerra di spie. Sono 149 i diplomatici russi espulsi dall’Europa nelle ultime 48 ore e 260 dall’inizio della guerra. Dopo la decisione, lunedì, di Francia (35) e Germania (40), ieri è arrivata quella di Italia, Danimarca, Svezia, Spagna e dell’Unione europea che hanno espulso decine di diplomatici. Già dall’inizio di marzo molti paesi europei avevano iniziato ad allontanare i rappresentanti di Mosca nei loro paesi. La Lituania ha allontanato l’Ambasciatore russo. La Danimarca 15 diplomatici con l’accusa di svolgere “attività di spionaggio sul suolo danese”, la Svezia ne ha allontanati tre, seguita dalla Spagna che ha deciso di espellere “immediatamente” circa 25 diplomatici russi poiché una “minaccia agli interessi”. Ancora prima (29 marzo), il Belgio ha annunciato l’espulsione entro 15 giorni di 21 persone che lavorano per l’ambasciata e il consolato russi, sospettate di essere coinvolte “in operazioni di spionaggio e influenza che minacciano la sicurezza nazionale”. Il 23 marzo la Polonia ha messo alla porta 45 “spie russe che si spacciano per diplomatici”. Le tensioni diplomatiche con la Russia sono state un crescendo nell’ultimo anno e mezzo. E l’anno scorso, in Europa, Stati Uniti e Nato, è stato segnato da un intensificarsi di casi di spionaggio, espulsioni e tradimenti (in Italia il capitano di fregata Walter Biot) che forse andava letto nel suo insieme con più attenzione.

Le espulsioni hanno provocato una dura reazione da parte del Cremlino che ha accusato l’Europa di assumere “decisioni miopi” e di “assenza di lungimiranza”. Stupisce la reazione della Lega. Matteo Salvini, senza voler entrare nel merito delle espulsioni, ha sottolineato che «le guerre si vincono con la diplomazia e non con le espulsioni».
Davanti al Copasir Mario Draghi ha spiegato la situazione energetica, lo stato degli approvvigionamenti, dello stoccaggio e degli acquisti di gas. Sull’embargo al gas russo i tempi in Europa non sono ancora maturi. L’Italia resta “molto determinata” nel raggiungere il prima possibile l’indipendenza energetica e il premier ha elencato come sta sviluppando la rete di contatti che da oltre un mese palazzo Chigi, la Farnesina e l’Eni stanno portando avanti con diversi paesi produttori di gas: Algeria, Libia, Congo, Azerbaigian, Qatar. Se circa la metà dell’import annuale dalla Russia (30 miliardi di metri cubi) è già stato sostituito, più difficile sarà trovare gli altri 15 miliardi.

Draghi è comunque sembrato determinato – dicono fonti del Copasir – «ad andare avanti sia sulla strada dello stop al gas russo» che sulla richiesta a Bruxelles di mettere un “tetto” al prezzo del gas. La nostra condizione di stoccaggi e approvvigionamenti, ha ribadito il premier, è comunque tale da non dover imporre al momento misure di razionamento. All’esame del Copasir anche l’orrore di Bucha e degli altri villaggi liberati dall’occupazione russa. “Nessun dubbio” sulle atrocità che purtroppo emergeranno ancora col passare dei giorni. Anzi, esistono informazioni che certificano come alcune fosse comuni siano state preparate già intorno alla metà di marzo, tre settimane dopo l’inizio dell’occupazione russa. Il “cessate il fuoco” e la ricerca della pace restano l’obiettivo primario di tutta la nostra azione politica e diplomatica. Ma, ha ribadito il presidente del Consiglio, «le atrocità commesse a Bucha, Irpin e in altre località liberate dall’esercito ucraino scuotono nel profondo i nostri animi di europei e di convinti democratici. Indagini indipendenti devono fare piena luce su quanto accaduto. I crimini di guerra devono essere puniti. Il presidente Putin, le autorità e l’esercito russo dovranno rispondere delle loro azioni».

Avatar photo

Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.