È iniziata in commissione parlamentare la discussione sulla proposta di riforma istituzionale del governo Meloni che prevede, tra le altre cose, l’elezione diretta del premier. Come si sa, il testo proposto dall’esecutivo è ancora per molti aspetti da puntualizzare. Manca, tra l’altro, la normativa relativa alla riforma della legge elettorale, che dovrebbe accompagnare il provvedimento – e ne costituirebbe una componente fondamentale per comprendere gli effetti di molti altri aspetti della proposta – e per la definizione della quale si è assistito sino ad oggi a un rinvio. Nel suo insieme, si tratterebbe comunque di una riforma molto importante, che potrebbe mutare sostanzialmente l’assetto istituzionale del nostro paese.

Il confronto sull’ipotesi di riforma, cui hanno contribuito, talvolta anche con note critiche, molti costituzionalisti ed esperti, è in corso ormai da diversi mesi e il dibattito è tuttora aperto. Ma all’intensificarsi della discussione in corso tra politici, commentatori qualificati, numerosi politologi, giuristi ed esperti di varia natura, non ha corrisposto sin qui, malgrado l’importanza della questione, il diffondersi dell’interesse dell’opinione pubblica. La cosa è, per molti versi comprensibile: si tratta spesso di tematiche assai tecniche, talvolta difficili da padroneggiare e che faticano a conquistare l’emozione – e quindi la partecipazione – del cittadino comune.

L’unica questione che è stata percepita su larga scala è costituita dal fatto che la riforma prevede, in qualche modo, l’elezione diretta del premier. Si tratta peraltro del tema più sottolineato anche dalla stessa Meloni e da altri esponenti governativi nel presentare il provvedimento. E ciò anche per tentare di conquistare l’opinione pubblica in vista di un possibile – anzi probabile – referendum confermativo. Un effetto c’è stato: sino ad oggi il giudizio degli elettori a riguardo risulta nella maggioranza, favorevole.

Secondo i risultati di un sondaggio condotto dall’istituto Eumetra per la trasmissione “Piazza Pulita” su La7, intervistando un ampio campione rappresentativo della popolazione adulta, il 52% degli interpellati si dichiara d’accordo con una possibile elezione diretta del premier, contro il 31% che è contrario e il restante 17% che non ha o non vuole esprimere un’opinione. È immediato notare che quest’ultima quota è piuttosto alta (quasi un cittadino su cinque), ciò che mostra la difficoltà con cui questa tematica – così come peraltro la gran parte degli argomenti di carattere istituzionale – viene affrontata dai cittadini.

Il dato rilevato suggerisce dunque che, ad oggi, la maggioranza dei cittadini appare favorevole a una riforma incentrata sulla elezione diretta del premier e potrebbe pertanto approvarla in un eventuale referendum. Occorre dire però che il desiderio di votare direttamente le cariche istituzionali è da sempre connaturato agli italiani: questi ultimi, come mostrano tante ricerche condotte in passato, vorrebbero designare personalmente una pluralità di cariche, dai giudici sino al Presidente della Repubblica e tante altre ancora. Anzi, va osservato che questa tendenza è diminuita nel tempo: una analoga domanda posta 10 anni fa vedeva circa il 70% di favorevoli alla elezione diretta del premier, mentre oggi questa quota, come si è visto, è fortemente calata.

Ma ciò che è più significativo è il fatto che la percentuale di chi è favorevole alla elezione diretta del premier è diminuita anche in queste ultime settimane: era infatti il 58% nel novembre scorso e ha visto dunque in cinque mesi un calo del 7%, con un corrispondente lieve incremento dei contrari e, specialmente, di chi non sa esprimere un’opinione. Ciò potrebbe suggerire che il dibattito di questi ultimi mesi abbia in qualche misura sollecitato dubbi e perplessità. Appaiono contrarie alla elezione diretta del premier in particolare le persone meno giovani, oltre i 55 anni di età. Ma le differenziazioni più significative si riscontrano, come era peraltro prevedibile, in relazione all’intenzione di voto. Ne consegue che sia gli elettori di Fratelli d’Italia, sia quelli della Lega si dimostrano in larghissima maggioranza schierati per la elezione diretta del premier, rispettivamente per l’86% e l’89%. Mentre è significativo notare che i votanti per Forza Italia – il cui partito fa comunque parte del Governo proponente la riforma – appaiono più tiepidi, con il 64% di giudizi favorevoli, a fronte però del 22% di contrari e del 14% di indecisi.

Insomma, all’interno dell’elettorato del partito di Tajani si riscontrano dubbi e perplessità, sia pure minoritari. Un quadro opposto emerge dall’analisi delle opinioni dei votanti per i partiti di opposizione. In particolare, il 71% degli elettori del PD si dichiara oggi contrario all’elezione diretta del premier (ma anche qui si rileva una sacca controcorrente con 17% di favorevoli). Il fatto che comunque si riscontri questa significativa spaccatura di opinioni in relazione alla propria appartenenza di partito suggerisce come proprio quest’ultimo fattore serva in qualche modo da “facilitatore” per formarsi un’opinione in una tematica obiettivamente complicata. Più articolata è la situazione nel Movimento 5 Stelle: tra gli elettori grillini si trova infatti una sorta di parità delle posizioni, con 46% di contrari e altrettanti favorevoli. Ciò dipende da un fenomeno più volte riscontrato e consistente nel fatto che l’elettorato del partito di Conte è politicamente assai meno omogeneo degli altri e che di conseguenza al suo interno si trovano opinioni molto diverse tra loro e spesso discordanti.

In definitiva, sulla base dei dati attuali, appare ragionevole pensare che Meloni possa vincere un eventuale referendum. Ma naturalmente è possibile che le posizioni rilevate sin qui possano mutare anche considerevolmente in occasione di una campagna elettorale in vista della consultazione, nell’ambito della quale la tematica sarà certo più approfondita e discussa e sicuramente spiegata e resa comprensibile alla popolazione più di quanto non lo sia oggi