Ad aprire il caso era stato nei giorni scorsi Il Riformista. Poi la polemica. Che ora divampa a base di comunicati fra gli avvocati e i magistrati del Tribunale di Napoli Nord. Oggetto della discussione il “turbo calendario” del processo a carico agli imprenditori Raffaello e Aniello Cesaro, fratelli del parlamentare Luigi di Forza Italia, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa con il clan Polverino.

II presidente del collegio, il giudice Francesco Chiaromonte, avendo avuto dal Csm il trasferimento al Tribunale di sorveglianza, vuole chiudere il dibattimento entro il prossimo mese di marzo. Con un provvedimento “ad hoc” il presidente del Tribunale Elisabetta Garzo ha stravolto l’intero calendario delle udienze, esonerando il collegio dei Cesaro dagli altri processi che stava seguendo: centotrenta testimoni della difesa da sentire, requisitoria dei pm, arringhe difensive, sentenza, tutto compreso in 90 giorni. Un record senza precedenti. Per protesta, il legale dei Cesaro, l’avvocato Vincenzo Maiello, ha abbandonato la scorsa settimana la difesa in quanto «il contesto ambientale non agevola alla percezione di un giudice imparziale». All’udienza di ieri i Cesaro erano assistiti dal difensore d’ufficio.

«Se la complessa istruttoria dibattimentale ha seguito fino all’altro giorno, e per oltre due anni, tempi del tutto ordinari nella escussione dei testi d’accusa, sorprende che si pensi ora di dover liquidare l’assunzione della prova a discarico con scadenze frenetiche, che giungono all’esonero dei componenti del collegio da ogni altro impegno giurisdizionale (con conseguente paralisi della amministrazione della giustizia nel già collassato distretto di Napoli Nord), e alla citazione dei testi della difesa ad horas e d’imperio da parte del Tribunale», scrivono i penalisti. «Né può sottacersi l’inammissibile gravità del fatto che l’inopinato scatenarsi di questa polemica sia generata dalla pretesa di vedere tutelata e garantita una mera aspettativa di carriera, ancorché legittima, del presidente del collegio, rispetto alla quale ogni superiore esigenza di giustizia viene avvertita come secondaria e recessiva», aggiungono dalla Camera penale. Al vetriolo la replica dell’Anm.

«Stupisce la posizione delle Camere Penali con la quale si stigmatizzano i provvedimenti adottati dal collegio giudicante e dal presidente del Tribunale di Napoli Nord al fine di garantire la sollecita conclusione del dibattimento di un processo di particolare complessità, con imputati detenuti». «Le Camere Penali – puntualizza l’Anm – alimentano una polemica sterile, fondata su presupposti di fatto inesistenti; polemica che arriva a trasmodare in offese indirette a singoli magistrati con accenni infondati e pretestuosi ad aspettative di carriera». «Invece di riconoscere, ed apprezzare lo sforzo compiuto dai magistrati, ci si duole proprio di quelle disposizioni e di quegli accorgimenti organizzativi, volti a evitare il mutamento del giudice», aggiungono le toghe, ringraziando «i colleghi per il loro grande impegno, nella certezza che nessun attacco alle loro persone e al loro ruolo potrà turbare la loro serenità o condizionare l’equilibrato svolgimento delle loro funzioni».

I Cesaro hanno sempre respinto le accuse, dichiarandosi vittima di estorsione da parte di esponenti del clan Polverino. Titolari di un’azienda di costruzioni, per i pm si sarebbero aggiudicati illecitamente il bando per la realizzazione di un’area industriale nel comune di Marano (Na). Ad accusarli alcuni collaboratori di giustizia. I due fratelli, dopo aver trascorso circa due anni di custodia cautelare in carcere, dal marzo del 2019 si trovano agli arresti domiciliari fuori dalla Regione Campania.