Ho letto tre volte la nota di agenzia. Perché non ci credevo, ero convinto che ci fosse un errore o di non aver capito io. Invece è proprio così. Boris Johnson, il premier britannico, ha annunciato che schiererà la marina militare inglese – storicamente la più potente marina del mondo – per impedire gli sbarchi di profughi. La Royal Navy, una volta catturati i nemici, li stiperà in alcuni aerei messi a disposizione dall’aeronautica militare e con un volo di poche ore li trasporterà in Ruanda. Qui saranno accolti e sistemati, si immagina, in appositi campi di concentramento. Poi, del loro destino non si saprà più nulla.

Al Ruanda sono destinati non solo tutti i profughi che verranno catturati da oggi in poi. La caccia è aperta. Ma anche tutti quelli sbarcati in Gran Bretagna dal primo gennaio. Insieme alla marina, spalla a spalla, lavorerà la polizia. Sarà una deportazione di massa. Come quella che gli europei qualche secolo fa realizzarono con il percorso inverso. Allora andavano a prendere gli africani e li portavano in America. Li vendevano come schiavi al mercato di Charleston. Ora invece prendono i profughi e li portano in Africa. Anzi, per essere precisi, li portano in uno dei paesi più poveri dell’Africa. Il Ruanda è uno stato piccolissimo, molto popoloso, governato da una dittatura. Ha un reddito medio inferiore ai due dollari al giorno. Medio: vuol dire che ci sono alcuni milioni di persone che vivono con un dollaro al giorno o forse un po’ meno. Nelle classifiche ufficiali del Pil pro-capite il Ruanda sta intorno al 175° posto su 190. I poveri sono la maggioranza della popolazione, e muoiono letteralmente di fame. Il regime è dominato da un signore che si chiama Paul Kagame.

Governa dal 2003 e le previsioni (dopo una serie di ben studiate riforme costituzionali) dicono che governerà fino al 2034. Le ultime elezioni le ha vinte ottenendo il 99 per cento dei voti. Una percentuale leggermente superiore a quella ottenuta da Kim Jong Un nella Corea del Nord. Agli oppositori è stato proibito di presentarsi alle elezioni, per evitare confusione. Il Ruanda è il paese del quale si parlò molto negli anni novanta per lo sterminio di una delle due etnie, i Tutsi, che erano una etnia di minoranza e furono annientati dagli Hutu. Il problema razziale fu risolto in quel modo. Si trattò, effettivamente in quel caso, di genocidio. Magari va segnalato a Biden. Boris Johnson ha pensato che il luogo migliore dove mandare i migranti che non vuole più fosse proprio il Ruanda. E ha sborsato circa 120 milioni di sterline per realizzare questa operazione. Più o meno il prezzo che la Juventus ha pagato qualche anno fa per comprare Cristiano Ronaldo già a fine carriera.

Non sappiamo a cosa serviranno questi dollari. Probabilmente a blindare il potere di Kagame. Ma Londra non era nemica delle dittature? Si, si, è vero, ma non stiamo lì a fare troppe polemiche, in fondo questo Kagame è stato eletto dal popolo, no? Non sappiamo a cosa serviranno i soldi inglesi ma sappiamo cosa, con baldanza e tranquillità, ha dichiarato Johnson nell’annunciare questa operazione inglese. Ha detto che “la compassione degli inglesi non ha limiti ma la possibilità di accogliere migranti invece ne ha”. Il ragionamento del primo ministro del Regno Unito è abbastanza semplice. In questi giorni in Gran Bretagna ci sono stati 600 sbarchi al giorno. Siamo oltre i limiti della possibile accoglienza. L’Inghilterra è un paese abbastanza ricco, è vero, è tra i cinque o sei paesi più ricchi del mondo, ma anche la ricchezza ha un limite, no? Molto meglio mandare i migranti in un paese poverissimo, dove in fondo è quasi impossibile aumentare la povertà. In Ruanda ci sono 11 milioni di persone (circa un sesto degli abitanti dell’Inghilterra) e come dicevamo un reddito medio di circa 600 euro all’anno a testa: non sarà un gran problema se a un esercito di morti di fame si aggiunge qualche altro migliaio o centinaio di migliaia di persone.

Infatti Johnson ha parlato esplicitamente di “approccio innovativo, guidato dal nostro condiviso impulso umanitario”. Si, Johnson ha detto proprio così. Non dovete pensare che sio sia impazzito o sia travolto dal mio ben conosciuto spirito anti-inglese. Johnson ha usato esattamente queste parole: innovativo, umanitario, impulso.
Tutto questo succede in un periodo un po’ particolare nella storia dell’Europa e dell’Occidente. E cioè nei giorni nei quali tutti, i grandi giornali in testa, e i politici, e gli intellettuali più lucidi, ci spiegano che noi siamo gente che può rinunciare a tutto, ma non ai proprio valori occidentali. I nostri valori occidentali sono superiori a tutti gli altri valori. Indipendenza, libertà, giustizia.

Ci hanno anche chiesto di rinunciare ai condizionatori per difendere la nostra libertà. E noi abbiamo battuto le mani: si, si, siamo gente di tempra idealista. Chissà se Johnson ha chiesto anche ai cittadini del Ruanda di rinunciare ai condizionatori. È probabile – credo – che loro accettino senza fiatare. Per fortuna i laburisti inglesi hanno protestato un po’. E hanno protestato un po’ più vigorosamente le organizzazioni umanitarie che ancora esistono, anche se governi e magistratura stanno tentando di annientarle, magari solo perché hanno l’impressione che queste organizzazioni non conoscano bene i valori occidentali. Io però mi chiedo: ma se l’Occidente è questa roba qui, se i suoi valori sono questi, se i suoi leader ragionano come Boris Johnson, vale la pena difendere a spada tratta questa follia?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.