Il caso di Moussa Balde
Profugo picchiato e imprigionato si impicca: non chiamatelo razzismo, se volete
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Un ragazzo di 23 anni, arrivato in Italia quando ne aveva 18, dalla Guinea, giorni fa è stato aggredito e bastonato selvaggiamente da tre energumeni, a Ventimiglia. Si chiamava Moussa Balde. Un passante ha ripreso col telefonino la scena terribile. Lui ha provato a difendersi, ma era a mani nude, quelli erano in tre armati di mazze e di un tubo di ferro. Per fortuna è uscito vivo.
Il filmato ha permesso di individuare gli aggressori. Sono stati denunciati e rimandati a casa. Avevano pestato il ragazzo nero perché si erano convinti che avesse rubato un telefonino. Non era vero. Il ragazzo della Guinea è stato medicato e poi aiutato? No: è stato spedito in un centro di detenzione per migranti. Non aveva il permesso di soggiorno. In cella di isolamento. Lui non capiva, protestava, diceva di voler tornare libero. Non gli hanno dato retta. Ha preso un lenzuolo e si è impiccato. Ora non c’è più.
È normale che le autorità di fronte a un pestaggio folle e feroce mandino a casa gli aggressori e imprigionino la vittima? È normale che non abbiano nessun obbligo di protezione verso un ragazzo pestato a sangue da tre italiani? È giusto che in un centro di detenzione ci si occupi così poco dei detenuti e che a uno di loro sia possibile impiccarsi senza che nessuno intervenga?
Il ministro – dico così per dire – ci darà delle spiegazioni? Voi credete che se tre ragazzi neri avessero picchiato a sangue un ragazzo bianco lo Stato si sarebbe comportato nello stesso modo? E i giornali avrebbero trattato la notizia con la stessa noncuranza con la quale si sono occupati di Moussa Balde? Io penso di no. Ogni tanto qualcuno mi chiede: ma secondo te c’è razzismo in Italia? Io rispondo sempre di sì e lascio che mi si guardi con la commiserazione che si deve a uno che non capisce niente. E questa storia di Moussa? Se volete potete anche dire che non è razzismo…
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