Un sorriso tra l’incredulo e il divertito; poi uno sguardo prima a Gianni Letta, poi ad Angelino Alfano, allora dirigente del Popolo della Libertà, come a dire: sempre il solito, non cambierà mai… La ricordo bene, la scena: 30 agosto 2013, a casa di Marco Pannella, a via della Panetteria. Da una parte Silvio Berlusconi, Letta, Alfano. Dall’altra noi del Partito Radicale: oltre al padrone di casa anche Maurizio Turco e Valter Vecellio. Sono le 9,30. Un incontro di un paio d’ore, poi Marco deve partire per l’Abruzzo. Un incontro che si decide di tenere riservato. Siamo impegnati nella raccolta di firme per dodici referendum. Il PdL ci sta?, chiede Pannella. Nel frattempo arriva la condanna della Corte di Cassazione. La sentenza di cui tanto si parla in questi giorni. Sei referendum riguardano la giustizia. Per cinque, nessun problema; ma su quello che chiede l’abrogazione dell’ergastolo, la maggioranza del gruppo dirigente è contraria.

Berlusconi rivela che ha dovuto far pesare tutta la sua influenza per dare il via libera anche a quello: «È impopolare, ma non importa. Per il liberale che sono è un principio elementare consentire una possibilità, per quanto remota, di recupero di un detenuto». E gli altri sei? Berlusconi non nasconde il suo imbarazzo: «Volete abrogare leggi che ha varato il mio Governo». Si riferisce alla “Fini-Giovanardi”, alla “Bossi-Fini”, alle norme sull’8 per mille. Pannella fa ricorso a tutta le sue capacità di convincimento. Strappa una promessa: «Ci penserò stanotte, ti farò sapere». Si arriva alla condanna della Cassazione. Eccolo, il coup de théatre di Marco: «Vai in esilio». Non scherza. È serissimo. «Al di là delle singole vicende processuali che ti vedono coinvolto», dice, «il dato impressionante è costituito dalla “quantità”, più unica che rara, dei procedimenti e delle indagini: indice di vero e proprio accanimento che non è stato riservato a nessun altro personaggio della politica o del mondo imprenditoriale».

Marco ricorda che la procura milanese per quel che riguarda il caso Ruby e “Olgettine” ha mobilitato centinaia di poliziotti e carabinieri alla caccia di prove ed elementi di colpevolezza, mentre nulla si faceva per quel che riguarda le firme false nelle liste per l’elezione a presidente della regione Lombardia di Roberto Formigoni (“Firmigoni”, lo chiama ripetutamente). Suggerisce di predisporre un “libro bianco”, che documenti l’accanimento e le speciali “attenzioni”, da presentare al Parlamento Europeo; in parallelo l’annuncio del suo “esilio».
«L’esilio?», fa Berlusconi. «Sì», risponde Pannella serio. «Un esilio temporaneo in qualche paese dell’Unione Europea. Non una fuga alla Toni Negri, e neppure un allontanamento definitivo come quello di Bettino Craxi. Un “esilio” simbolico, che ti consenta di denunciare con maggior vigore la “persecuzione. Sarebbe un “esilio” le cui motivazioni affondano nella migliore tradizione laica e liberale del Paese». Marco cita Salvemini: se ti accusano di aver stuprato la Madonnina del Duomo, prima scappa, poi difenditi. Cita Calamandrei: «Se dovessi essere accusato di aver rubato la torre di Pisa prima scappo, poi mi difendo…». Berlusconi appare dubbioso, anche se il “suggerimento” non sembra dispiacergli: «Non lo escludo, ma non comprendo cosa potrebbe accadere, con l’esilio che proponi…». «Non lo escludi perché non lo consideri nemmeno, quindi non sai che cosa intendo io con l’esilio», incalza Marco. «Non ho neppure il passaporto, me l’hanno ritirato?», obietta Berlusconi. «Silvio», replica Marco, «uscire non è un problema… piuttosto devi trovare il posto che ti accoglie…».

«Questo non è difficile, sono amico di tutti…». «Basta che non sia la Russia di Putin…». «In Kazakistan», scherza Alfano. Letta invece è silenzioso, al solito prudente. «Ci penserò. Ti farò sapere», conclude Berlusconi. Seguirà solo in parte il “consiglio” di Marco: la mattina dopo firma tutti i 12 referendum, anche quelli che non condivide: «Su temi così importanti è giusto che il popolo si possa esprimere». Nonostante il suo personale impegno però le firme necessarie non vengono comunque raccolte: il PdL non si mobilita come potrebbe. Quanto all’“esilio”, non se ne fa nulla. Peccato. Forse se Berlusconi avesse accolto il suggerimento di Marco, non saremmo al punto in cui oggi siamo.