La mossa
Quelle aziende nazionalizzate da Putin per sanzionare l’occidente: il caso Ariston e la felicità degli oligarchi
Il governo italiano ha chiesto alla Russia tramite il suo rappresentante di ritirare il decreto col quale Ariston lo scorso 27 aprile è stata messa sotto amministrazione temporanea del colosso Gazprom. Ma la mosse di quello russo, in barba al diritto di proprietà, è ben altro che un provvedimento firmato da un tribunale. Una reazione alle azioni ostili dell’Italia, la dimostrazione che anche il Cremlino può imporre sanzioni all’occidente, con gli occhi puntati al G7 di giugno quando potrebbero sbloccarsi quei quasi 300 miliardi di asset finanziari russi finora congelati. Nonostante il tentativo in extremis del governo italiano, il destino dell’azienda di marchi di apparecchiature per impianti di riscaldamento e climatizzazione casalinghi appare ormai segnato, nazionalizzata per la gioia degli oligarchi russi amici dello Zar, che dall’inizio del conflitto hanno visto i propri affari arricchirsi, prendendo possesso – a prezzo simbolico – di multinazionali.
Si pensi alla finlandese Fortum che nel 2021 vantava ricavi per 2 miliardi prima di finire sotto il controllo di Rosneft, gruppo in mano a Igor Sechin, ex Kgb. Ma non solo: lo scorso anno Putin aveva firmato un altro decreto per il trasferimento temporaneo della gestione delle filiali russe di Danone e di Carlsbergall’Agenzia federale per la gestione delle proprietà, Rosimushchestvo.
Il provvedimento era stato adottato dopo che la società francese e quella danese avevano annunciato l’intenzione di uscire dal mercato russo. Il 98,56% delle azioni del birrificio russo Baltika, appartenente a Carlsberg, e decine di migliaia di azioni appartenenti a Danone erano state poste sotto il controllo dell’Agenzia. Ma i vantaggi hanno riguardato anche Arsen Kanokov, ex capo della repubblica caucasica della Cabardino-Balcaria, che ha preso possesso di 850 ristoranti McDonald a zero rubli, oppure il caso di Alexander Varshavsky e Kamo Avagumyan già proprietari di autosaloni che hanno comprato per circa dieci milioni di euro le fabbriche di Volkswagen e Hyunday che producevano un terzo delle vetture russe. Ora la stessa sorte spetterà ad Ariston, ma non sarà l’ultima. Espropriare, nazionalizzare, svendere. Il diritto di proprietà, in Russia, è stato spazzato via.
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