L’immagine di lui si sporge dai fogli di tutti i quotidiani, la notizia viaggia di bocca in bocca, si veste di brutalità e di indignazione. Il processo sarebbe quasi inutile farlo. Il sedicenne dei Quartieri Spagnoli che la notte scorsa ha sfregiato il viso della ex ragazzina di dodici anni è già colpevole, è già un mostro da sbattere in prima pagina. E invece no, bisogna andare oltre e indagare le motivazioni che ci sono dietro un gesto di violenza così atroce, bisogna conoscere il contesto familiare. È troppo semplicistico giustiziarlo e gridare al massimo della pena. Violenza genera violenza, forse l’umana comprensione talvolta può aiutare, non a giustificare ma a capire. A tendere una mano invece che a puntare solo il dito.

Avvocato Dello Iacono, lei difende il sedicenne (che chiameremo Michele) accusato di aver sfregiato la ex fidanzatina, all’indomani dell’accaduto stampa e tv hanno non solo dato la notizia ma anche tratto le conclusioni. C’è chi addirittura parla di tentato omicidio. Com’è questa alba del giorno dopo?
«È un’alba folle. Non è passato neanche un giorno e sui maggiori quotidiani hanno già processato Michele. Processato e condannato, parlano di omicidio volontario, di premeditazione, di un appuntamento organizzato per uccidere».

Ce li racconta?
«Prima di tutto le notizie che leggo sui giornali, premesso che non ho ancora potuto effettuare l’accesso agli atti, non sono veritiere. Michele non ha organizzato e premeditato nulla. Nessuna intenzione di uccidere la ex fidanzatina. Se avesse avuto intenzione di uccidere, le avrebbe teso una trappola e invece si sono incontrati per caso. E ancora, il ragazzino che era con lui sarebbe stato arrestato e non è stato così. Non solo, la dodicenne non è stata colpita con un coltellino, bensì con un tagliaunghie che il sedicenne portava come portachiavi. L’ha colpita con la lama del tagliaunghie non con l’intenzione di uccidere. Viceversa non risulterebbe un taglio largo di dieci centimetri (come pare riferiscano i referti): se colpisco con l’intenzione di uccidere, affondo la lama, non la faccio scivolare per graffiare. E poi una persona che vuole uccidere e si organizza una trappola si presenta senza armi? Io le sto riferendo quello che mi ha raccontato Michele, chiaramente mi riservo di essere più preciso nei prossimi giorni».

Cosa le ha detto Michele?
«Che si sono incontrati per caso, si sono lasciati da un mese, e nel corso di una discussione molto animata c’è stato un impeto e ha sferrato un colpo. Poi è scoppiato a piangere, è pentito ovviamente. I giornali parlano di un referto medico che riferisce di due colpi, ma io non ho ancora letto gli atti».

Dov’è cresciuto Michele?
«In un contesto assolutamente degradato, basi pensare che il padre è in galera e che il nonno, pure lui dentro, sta scontando l’ergastolo. Non è certo cresciuto con dei modelli sani. Il contesto familiare conta moltissimo: un riferimento deviato diventa deviante».

Cosa rischia adesso?
«Moltissimo, da otto a quindici anni di carcere. Ma lei sa cosa vuol dire a sedici anni ricevere una condanna magari a dieci anni di carcere? Certo si terrà conto della minore età, ma dieci anni a Nisida risulterebbero inutili e dannosi. Sarebbe meglio collocarlo in una comunità per minori con educatori che gli facciano comprendere l’accaduto attraverso un percorso di rivisitazione critica. Altrimenti tutto si riduce a una segregazione sterile: il recupero sociale sarebbe pari a zero».

Teme che sarà più un processo mediatico che un giusto processo?
«Non temo, è già così. Questo è già un processo mediatico. Basta leggere i giornali per rendersene conto. La mamma di Michele era disperata stamattina quando ha letto le prime pagine dei quotidiani: l’hanno già condannato, senza leggere nessuna carta e senza che lui abbia ancora mai parlato».
L’interrogatorio, infatti, si terrà domani mattina.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.