Matteo Renzi lancia la fase 2 di Italia Viva. Lo fa parlando ai 300 che lo seguono dalla platea dell’auditorium romano che – a due passi da piazza di Spagna – torna a riempirsi dopo due anni di collegamenti da remoto. “Torniamo qui dove ci eravamo lasciati”, dice infatti Renzi dal palco. “Per tornare a restituire contenuti alla politica. A partire dall’emergenza che ci impone la guerra in Ucraina”.

E se la premessa è rivolta allo scenario internazionale, è sulla politica interna che volge lo sguardo il leader di Iv. “Putin pensa al mondo di domani. Agisce in fretta, sa di poter contare su un Occidente che arranca. Noi Europa siamo il 7% della popolazione mondiale, guardiamo troppo spesso a noi come al centro del mondo: quello che invece non siamo più. Occorrono risposte nuove a un mondo che cambia velocemente”. I temi ai quali Matteo Renzi mira sono quelli delle riforme necessarie – “perché la politica è come la vecchia pubblicità del Pinot Nero: per molti ma non per tutti”, ironizza – ed è sui contenuti che IV prova a giocare un ruolo di rinnovata leva rispetto al centrosinistra.

Da qualche tempo la “pax Mattarelliana” ha riavvicinato Renzi e Letta. Che non può rimanere ostaggio della dottrina Conte (nome che tra l’altro Renzi non cita mai). E’ agli elettori dem, o a parte di essi, che si rivolge la strategia renziana. “Quando quella notte si erano messi d’accordo sulla Belloni al Quirinale, ero convinto che ce l’avrebbe fatta, perché avevano chiuso l’accordo tutti, l’ex maggioranza gialloverdi con l’aggiunta del Pd. Andai ai tg a dire che non si poteva fare ed ero l’unico a dirlo”. La rivendicazione vuole parlare anche a sinistra: “Noi abbiamo una consapevolezza delle istituzioni che ci vieta derive: il capo dei servizi segreti non può diventare Presidente, in Italia”. Ed ecco che il soggetto riformista cui Renzi pensa, collocandosi al centro, prova a fissare le equidistanze necessarie per passare tra Scilla (la sinistra di Di Battista e Landini) e Cariddi (la destra di Meloni e Salvini). Dà una stoccata alle singolari posizioni assunte oggi dell’ANPI (“vergognose le dichiarazioni su Russia e Nato”) e prova a far capire in quale perimetro collocherà Italia Viva.

Vogliamo una democrazia decidente, con l’elezione diretta del presidente della Repubblica”. Un sistema che si autotuteli dal punto di vista energetico: “Facciamo nostra l’agenda Draghi, con tutte le sue indicazioni per recuperare piena autonomia energetica”, cioè nucleare pulito, qualche centrale a carbone se necessario, impianti fotovoltaici ovunque sia possibile. Una giustizia tutta da riformare, con una azione che faccia dei referendum l’occasione di un grande dibattito pubblico nel Paese. Una campagna di incentivi alle aziende che fanno partecipare agli utili i dipendenti”. Idee che tanti dicono di sostenere tra i centristi. Ma attenzione, “non si possono realizzare con i sette nani”, dice Renzi con un sorriso. Occorrono dunque intese trasversali, larghe.

“Il Pd ci dica se su questi temi sono aperti al dialogo o se quello che dipingono come Campo Largo si rivela invece Vicolo Corto” – l’evocazione del Monopoli strappa una risata in sala. Anche perché altri dialoganti non se ne vedono. Con Calenda non è aria di intese. “Non parlo male di Carlo, anche perché ci pensa lui a parlare di me. Dico solo che la categoria andreottiana del ‘beneficiario rancoroso’ è ben rappresentata”, la stilettata. Adesso gli occhi sono puntati sul percorso che porterà, da qui alla primavera 2023, alle prossime elezioni. “Cambieranno moltissime cose in quest’anno”, prevede Renzi. “Non sono sicuro che il Movimento 5 Stelle ci arriverà”, dice.

Poi affonda con un presagio tutto da decifrare: “So che in ogni caso ci arriveranno con una posizione molto garantista. Perché quando la magistratura colpisce loro, diventano garantisti”. Ancora sulla magistratura e sui referendum giustizia, Renzi garantisce che sarà in campo per il Sì a tutti i quesiti, e preannuncia un mese di aprile dedicato alla Giustizia da cambiare. Di Open non parla. “Non oggi”, almeno. E sui referendum sposa la proposta di Ceccanti: “La Corte Costituzionale deve dare prima il parere di ammissibilità. Poi si raccolgano le firme. Sennò i cittadini firmano e poi si vedono invalidare il quesito, non funziona”.

Gli interventi sul palco si succedono veloci, l’assemblea arriva fino alle 16. Gli occhi sono puntati sull’Ucraina. “Angela Merkel può essere la migliore portavoce della coalizione Ue-Nato; non so se accetterebbe, ma perlomeno le venga chiesto. Perché ai tavoli della trattativa bisogna potersi presentare con una voce unica, alta e autorevole”. Quanta a quella del governo italiano, “Draghi può andare avanti anche dopo il 2023, dopo le prossime elezioni”, il via libera dell’assemblea di Italia Viva.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.