Pubblici ministeri di Firenze e terminali delle Procure nelle redazioni dei giornali, in piedi e a testa china. Oggi gli accusati siete voi.
Non l’ha detto Matteo Renzi, ma ieri sera al Senato chiunque poteva vedere galleggiare lì, nel rosso dell’Aula, l’ologramma delle facce dei pm fiorentini. Sotto accusa. Ore 18 in punto. Renzi si difende dall’accusa di finanziamento illecito nel caso Open e chiede che la Corte Costituzionale valuti se sono stati violati i suoi diritti di parlamentare da parte della Procura di Firenze.

Viso teso, tono furente, la voce un paio di volte quasi rotta, il giudicando Matteo Renzi va all’attacco: “Chi oggi, in quest’Aula e altrove, dice che siamo in presenza del tentativo di un senatore di allontanarsi dal suo processo mente sapendo di mentire. La domanda alla quale voi, onorevoli colleghi, quest’oggi dovete dare una risposta è: in questo Paese l’articolo 68 della Costituzione è ancora in vigore o non vale più? Quantomeno sembra che non valga più per i pm fiorentini”. “L’impunità non è consentita a nessuno, non ai parlamentari ma nemmeno ai magistrati. Se c’è un’ipotesi di non rispetto della legge, richiamare l’attenzione di altri magistrati ad andare a verificare è un atto di civiltà. Non stiamo compiendo atti eversivi”. Renzi va all’assalto, alza la voce, grida quasi e l’Aula che poi gli voterà a favore, 167 a 76, non sembra fremere nell’ascolto della sua requisitoria arrabbiata. Grande spulciare di telefonini, lunghe incursioni su whatsapp.

Renzi chiede: “Perché si parte dalle carte illegittimamente acquisite dalla procura fiorentina? Illegittimamente non perché lo dice la difesa di un imputato; non perché lo dice un partito politico; non perché lo dice la relatrice di un provvedimento; non perché lo dice il Presidente della Giunta, ma perché lo dice la Corte di Cassazione. E lo dice con cinque sentenze. Cinque! Un inedito: cinque sentenze della Corte di Cassazione che hanno annullato i provvedimenti richiesti dalla Procura di Firenze, soltanto nella fase preliminare. Cinque su cinque. La Corte di Cassazione, in queste cinque sentenze, dice che sono stati illegittimamente acquisiti documenti, che dunque non andavano acquisiti. Questo semplifica la nostra discussione. Che i pubblici ministeri di Firenze non abbiano rispettato le regole è un tema pacifico. Non è oggetto di discussione tra di noi. Lo ha statuito la Corte di Cassazione per cinque volte”.

La voce accorata rotola giù dai banchi tra senatori intenti a sgrufolare in tasche e taschini, a consultare fogli e foglietti. I più attenti sembrano nel Gruppo misto. Il senatore Ruotolo, giù in fondo, si regge la testa col palmo di una mano, pare stanchissimo. “Allora cosa stiamo facendo? – chiede Renzi – Un attacco della politica alla magistratura? Si vergogni chi lo pensa. Si vergogni chi pensa che qui stiamo attaccando la magistratura”. I Cinque stelle sembrano destarsi dagli schermi dei cellullari, ma è solo un attimo, riabbassano subito le testa. Il Pd imbalsamato, sta quasi tutto a braccia conserte. Applausi tiepidini, solo Italia viva e la destra. Durata: tre secondi. Renzi riparte: “Noi stiamo rispettando la magistratura al punto da citare la Corte di Cassazione La Cassazione in questo processo ha definito i sequestri effettuati, non sequestri utili a provare un quadro indiziario, ma un inutile sacrificio di diritti che arriva a esercitare una non consentita funzione esplorativa. Chi, come noi, ha una cultura giuridica meno vasta, la chiama pesca a strascico. Si mandano 197 finanzieri, che si tolgono dalla strada e dal lavorare contro le vere truffe le vere invasioni, a prendere i telefonini di persone non indagate”.

Il tono è quello dell’eterno estremista dc. “In questa vicenda i denari sono tutti trasparenti”, sono «bonificati». “Mente sapendo di mentire chi pensa che stiamo parlando di un senatore che vuole allontanarsi dal proprio processo. Questo è un conflitto di attribuzione che non ha niente a che vedere con la posizione dell’imputato”. Ogni tanto spunta il tono da imbonitore: “Diciamo a chi ci segue da casa che, con la legge del 2014, tutti i denari destinati ai partiti politici devono essere bonificati. Quindi, sono tutti tracciati; non c’è più un problema di trasparenza. Si può discutere delle opportunità, ma tutto è tracciato. No: l’indagine parte dall’assunzione del fatto che il giudice penale desidera stabilire che cos’è una corrente di partito, come si deve organizzare, quali modalità concrete di organizzazione della politica si possano fare oppure no. E pensa di poterlo fare il giudice penale”. Dai banchi di Forza Italia e Lega grande sussulto d’attenzione quando Renzi dice: “Il finanziamento illecito alla politica ha scritto la storia di questo Paese degli ultimi trent’anni e si è aperta una discussione – credo opportuna – su quanto è accaduto. Tuttavia in questo caso non è come in passato, quando i pubblici ministeri si facevano spiegare dai segretari amministrativi, cioè i tesorieri, il flusso di denaro. Qui siamo in un momento nel quale i pubblici ministeri si determinano come nuovi segretari organizzativi dei partiti, forse perché i partiti non sono più messi bene come prima”.

“L’idea che tutto questo dibattito culturale, sociologico e politico che attiene alle forme della democrazia liberale possa portare nel 2022 a un giudice penale che decide che cosa è la corrente di un partito e cosa non lo è dovrebbe far scattare un campanello d’allarme. Onorevoli colleghi, nelle democrazie occidentali non è il giudice penale che decide che cosa è partito e cosa no”. C’è un passaggio sul ruolo dei giornali nella sua vicenda che sembra destare un po’ i banchi Cinque stelle, ma anche stavolta è solo un attimo. Dice Renzi: “Chi è intellettualmente onesto sa perfettamente che a questa analisi collettiva e catartica che il Paese deve fare, manca un terzo protagonista, che non è soltanto il magistrato o il politico. Chi vuole bene a questo Paese, chi è intellettualmente onesto sa che ad una riflessione collettiva non può non partecipare anche il mondo dell’informazione e della stampa che è parzialmente corresponsabile insieme a noi di quello che è accaduto. Quando infatti le veline di una procura valgono più delle sentenze di una Cassazione perché qualcuno fa il pool di giornalisti che di fatto diventa la gazzetta delle procure, questo tema riguarda anche il mondo dell’informazione”.

Anche Ruotolo adesso pare destarsi e si tira su dal banco. Intanto Renzi specifica: “Guardate, la velina della procura vale più della sentenza della Cassazione sui social, nel mondo del populismo, là dove si gioca con gli acchiappa click, ma dove si va a fare una riflessione sul futuro del Paese non è pensabile che notizie prive di rilievo penale vengano pubblicate in prima pagina e trafiletti siano destinati e dedicati a ciò che cambia la vita dei processi con le sentenze della Cassazione. Non sempre ciò che è virale è vero e se la stampa cede il proprio ruolo di guardiano democratico, noi abbiamo un problema perché il populismo vince non soltanto per debolezza della politica o per responsabilità della magistratura, ma anche per la mancanza di responsabilità da parte della stampa”. Poi tira fuori gli scout: “Quando ho fatto la promessa scout, quando ho giurato sulla Costituzione, quando sono cresciuto con i ragazzi della Rosa bianca come modello, io ho promesso a me stesso che non avrei mai rinunciato a una battaglia per paura”.

Ignazio La Russa si stropiccia gli occhi si guarda attorno in cerca di uno sguardo amico che non trova. Si ributta giù sul suo banco. Arrivato in fondo alla sua arringa il senatore Renzi ha il tono irrobustito, la voce non trema più: “Oggi dico, qui: continuo a difendere l’idea che la politica non faccia schifo, l’idea che la politica sia un valore, l’idea che la politica sia una cosa diversa dal populismo. Lo faccio contro i populisti politici, ma lo faccio anche e soprattutto contro coloro i quali violano le regole della Costituzione, perché pensano di fare paura a chi invece paura non ha e gioca la carta del coraggio, in nome e per conto della dignità della politica”. Clap clap assai tenue. Si vota. Vince. “A larga maggioranza” legge una portavoce Iv mentre scrive due righe all’uscita dall’aula. “A larghissima” corregge Bonifazi.