Matteo Renzi aveva detto di voler partecipare all’iter processuale su Open “passo passo, punto punto”. Ribattendo, ribadendo, rilanciando. E così ha fatto ieri, presentandosi in Procura a Firenze e guardando negli occhi i suoi accusatori. Il leader di Iv dice che non si sottrae all’iter processuale. Anzi, chiede di parlare sempre. “Alla fine mi odieranno anche i miei avvocati”, aveva preannunciato alla Leopolda.

Al termine di 40 minuti di incontro, che ci dicono essere avvenuto in un clima costruttivo, Matteo Renzi e i suoi legali hanno depositato una memoria di difesa che si conclude con la richiesta di archiviazione del caso per “gravi errori di fatto” contenuti nell’imputazione provvisoria dell’inchiesta sulla fondazione Open. Renzi era accompagnato dai suoi legali Federico Bagattini e Gian Domenico Caiazza. Hanno incontrato al Palazzo di giustizia di Firenze il procuratore aggiunto Luca Turco e il sostituto Antonio Nastasi, al centro in questi giorni della incredibile rivelazione del colonnello dei carabinieri Aglieco sulla maldestra presenza del pm sulla scena della morte di David Rossi. Renzi ha detto: : “Credo nella giustizia, quindi chiedo giustizia” aggiungendo che “questo processo politico alla politica resterà negli annali della cronaca giudiziaria come uno scandalo nel quale gli indagati non hanno violato la Legge mentre” i pm “hanno violato la Costituzione”, “tuttavia credo che un politico non debba scappare dalla giustizia”.

Nella memoria viene sostenuta, tra l’altro, l’inesistenza del ruolo di direttore di fatto della fondazione Open che l’accusa attribuisce al leader di Iv: “Dagli atti di investigazione – si spiega – non emerge alcun comportamento gestorio, di amministrazione, di direzione tecnica, di controllo posto in essere” da Renzi che “non ha mai neppure partecipato ad un consiglio direttivo della fondazione”. “Affermare dunque, che il senatore Matteo Renzi abbia diretto” Open “risulta un modo surrettizio per inserire capziosamente” l’ex premier nell’indagine. Ancora, l’accusa formulata a suo carico sarebbe “fondata su premesse di fatto grossolanamente erronee e arbitrarie, e su manifeste violazioni delle guarentigie costituzionali poste a tutela della funzione parlamentare”. In particolare, “è profondamente errata l’affermazione circa l’esistenza di una corrente renziana” dentro il Pd: è “un autentico sproposito dal punto di vista politico, reso ben più grave per essere contenuto e ribadito negli atti di una indagine penale”.

Nella memoria Renzi presenta cinque istanze difensive e formula altrettante istanze istruttorie: tra queste “espellere dal fascicolo” qualsiasi “corrispondenza indebitamente acquisita” senza “il rispetto dell’articolo 68 della Costituzione; verificare quali spese asseritamente in favore” del senatore Renzi siano state effettuate tra febbraio e maggio 2017, periodo in cui “diversamente da quanto affermato nel capo di incolpazione, non ha rivestito la carica” di segretario del Pd; “espellere dal fascicolo ogni e qualsiasi riferimento all’asserito finanziamento illecito” per le iniziative della Leopolda “sulla quale si è già formato un giudicato parziale, essendosi espressa la Corte di Cassazione”.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.