L'appello all'ex premier
Matteo Renzi torni a fare politica attiva in prima fila!

Il tentativo in atto di distruggere la figura politica di Matteo Renzi corre in Italia con gli stivali delle sette leghe. I suoi conti correnti sono illegalmente pubblicizzati come se fossero corpo di reato, anche se lui ne ha dimostrato l’origine e ha dimostrato il regolare pagamento delle tasse. Compensi, in prevalenza, per lavori svolti all’estero, conferenze, incontri, consulenze, anche in Arabia Saudita, che scandalo! Attacco alla sua associazione, alla famiglia, oggetto permanente di accuse spesso andate nel vuoto. Sguardo di disprezzo (e anche qualcosa di più) nella incredibile trasmissione televisiva cui mi è capitato di assistere poche sere fa, dal club della Gruber. La stessa “moderatrice”, mettendo in discussione il proprio ruolo, in compagnia di Marco Travaglio e dell’inferocito Massimo Giannini, cannoneggiavano Renzi che, pur bravo come sempre, faticava non poco per conquistarsi il suo legittimo spazio di comunicazione.
Io credo che ci siano parecchie ragioni per questo tentativo di distruzione, che coinvolge forze diverse, soprattutto nei partiti politici del c.d. centro-sinistra. A sinistra, a Renzi non è stato mai perdonato di esser riuscito, legittimamente, a essere eletto segretario del Pd, provando a modificarne la natura, e di aver governato l’Italia per non pochi anni provando a fare cose inedite, ferme da sempre. Quindi c’è un conto pregresso da regolare. Ma l’attacco di queste settimane, particolarmente virulento, credo abbia anche una origine specifica e vicina, quella di neutralizzare il voto di “Italia viva”, o contribuire alla sua crisi interna, in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica. Ma, si è detto, ben altre sono le ragioni di fondo della diffusa ostilità per lui. Intanto Renzi è un personaggio poco controllabile perché è un talento politico, intende la politica come invenzione e fantasia in situazioni che a molti paiono immobili, non trasformabili. Lui scopre il punto debole e agisce di conseguenza, e con il 2% che gli viene assegnato ha deciso un paio di cose che hanno mutato lo scenario della politica italiana, e qualcosa di profondo e permanente nella stessa storia d’Italia. Lo ha eseguito con spregiudicatezza e intelligenza, buon discendente del segretario fiorentino, intendo Nicolò Machiavelli, peraltro suo compaesano, che disse la politica essere “pazzia”, e voleva intendere energia vitale e decisione.
Renzi ha contribuito al mutamento radicale della scena italiana in questi ultimi tempi due volte: quando ha impedito, nel 2019, al peggior Salvini di diventare capo del governo e quando, con una mossa geniale, ha contribuito all’uscita di scena dell’inquietante e inetto avvocato Conte, cosa che è stata determinante per la nomina di Draghi alla presidenza del Consiglio. Una grande fortuna per l’Italia, dovuta, naturalmente, anche alla coraggiosa decisione del Presidente della repubblica, che ha voluto evitare il mercato delle vacche in parlamento (a proposito, si sa nulla della questione Cesa?) ma che fu decisione vista con scandalo e disagio soprattutto a sinistra, dove Letta, Bersani e Bettini invocavano Conte come punto di riferimento dei progressisti italiani: Conte o morte, vi ricordate? Oggi il Movimento 5 stelle è candidato da Letta a entrare nel gruppo del socialismo europeo. Incredibile, ma vero. Ma c’è ancora da ricordare qualcosa di importante nel passato di Matteo Renzi, anche se si tratta di tentativi andati a male. Ne ricordo due.
Lo sforzo, come segretario del Pd, per ricollocare il partito in uno spazio politico che consentisse finalmente di fare i conti definitivi con la sua storia passata, quella parte che andava rinnovata e dimenticata. Ma qui si alzò un fuoco di fila, tutto dall’interno. E poi il referendum istituzionale fallito nel 2016. Qui lascio la parola ad Angelo Panebianco, autorevolissimo scienziato della politica, di cultura liberale, e mi riferisco a un editoriale pubblicato sul Corriere della sera qualche giorno fa. Scrive Panebianco che il fallimento di quel referendum ha costituito un punto di non-ritorno per l’Italia, il definitivo affossamento delle riforme istituzionali di cui il paese ha disperatamente bisogno. Insomma, un riconoscimento pieno, senza riserve, anche sul merito della proposta. È proprio così, lì ci fu un fallimento che pesa e peserà sui caratteri stessi della democrazia italiana, anche questa conclusione preoccupata di Panebianco. Si è sempre detto che ciò avvenne pure per l’errore che Renzi fece nel personalizzare il referendum. Ma come si sa, nessuno è perfetto, e Renzi non si sottrae a questo carattere inesorabile della condizione umana. E dunque Renzi ha fatto errori e magari continua a farne.
Dopo tutto quello che ho detto all’inizio, posso permettermi di concludere con un appello all’ex-presidente del Consiglio: si dedichi anima e corpo, come si dice, alla politica attiva in Italia, non dia l’impressione di essersene un po’ allontanato, provi a ridar vita e forma a “Italia viva”. Provi a far battaglia sui tanti temi che si affollano nella nostra società, c’è solo da scegliere. Faccia sentire di più la sua voce sulle mille cose che non vanno. Un talento politico deve fare soprattutto, in forma diretta, politica. Nel groviglio e sfilacciamento di tutti i partiti, in quella lotta per bande cui stiamo assistendo in Italia, forse c’è lo spazio per nuove alleanze, per far rivivere un punto nuovo di aggregazione e di cultura viva, ma ci vuole invenzione, fantasia, ci vuole, con altri, il miglior Renzi. Egli dovrebbe lavorare soprattutto in questa direzione, chi sa, una parte degli italiani potrebbe perfino capirlo.
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