Chissà se potremo mai un giorno leggere i resoconti dei brainstorm di Giuseppe Conte mentre, ancora premier, organizzava in ogni modo i suoi “responsabili, laici, europei e socialisti”. O dei contatti, mediati dal braccio destro Vecchione, con gli 007 per sentire che aria tira in giro. Oppure i resoconti di conversazioni private di Pierluigi Bersani nella campagna elettorale del 2013 o subito dopo nelle settimane dello stallo, vi ricordate: “La maggioranza non c’è ma la vado a cercare in Parlamento”. Giorgio Napolitano disse sì. Opportunità che tra l’altro non è mai stata data – e parliamo del 2018 – al centrodestra. Per non parlare delle mitologiche chat di Rocco Casalino, per tre anni la voce di palazzo Chigi insieme a quella di Conte. Per restare a tempi più recenti, chissà cosa mai hanno architettato a livello di comunicazione i due candidati sindaci di quest’ultima elezione. Oppure, chissà se potremo mai un giorno leggere i resoconti dei brogliacci di tante Fondazioni politiche che negli anni sono diventate a tutti gli effetti braccia operativa di un leader o di una parte politica.

Non c’è ovviamente da augurarsi che questo possa mai succedere. Sta però accadendo adesso nei confronti di Matteo Renzi ed è necessario chiedersi perché. La risposta è una sola: si tratta di un’inchiesta politica, travestita da inchiesta giudiziaria, il cui unico obiettivo è tentare la disintegrazione politica di Matteo Renzi ma, poiché il senatore fiorentino è uno tosto e il suo gruppo parlamentare altrettanto, cercare in tutti i modi di rendere ininfluente Italia viva tra i Grandi elettori che a gennaio dovranno eleggere il Capo dello Stato.

Una campagna che andrà avanti ancora per un paio di mesi. Del resto 92mila pagine – quelle dell’informativa della Guardia di Finanza, polizia giudiziaria della procura di Firenze sull’inchiesta Open – dove c’è dentro di tutto a cominciare dal conto corrente privato analizzato giorno per giorno, possono riempire pagine per mesi.

Breve riassunto. Nell’ottobre 2019 la procura di Firenze avvia un’indagine sulla Fondazione Open, cassaforte e braccio operativo dell’attività politica di Matteo Renzi da palazzo Vecchio a palazzo Chigi. Ci sono undici indagati a vario titolo tra finanziamento illecito ai partiti, corruzione, riciclaggio e traffico di influenze. L’obiettivo del sostituto procuratore di Firenze Luca Turco e del pm Antonino Nastasi, qualora si arrivasse a processo, è dimostrare che Open operava, senza risultare tale, come fosse un’articolazione di partito, del Pd, di cui Renzi è stato segretario dal 2012 al 2026. Open ha raccolto oltre sette i milioni tra il 2012 e il 2017. Anni d’oro per la Fondazione. Che rallenta quasi del tutto nel 2018 e nell’ottobre 2019 viene in pratica chiusa per la ganasce dell’inchiesta. Italia Viva era nata il mese prima, a poche ore dal giuramento del Conte 2 per cui Renzi era stato decisivo.

Fin qui l’inchiesta. Poi ci sono le 92 mila pagine che raccontano le indagini. Il Fatto e La Verità fanno a gara a dare conto di ciò che via via emerge da quella montagna di carte: conti correnti privati, scambi di mail private, presunti interessamenti ad emendamenti vari della legge di bilancio (poi non realizzati), ricerca di pareri e consulenze. Ogni giorno chi firma gli articoli precisa che quello che sta scrivendo “non costituisce reato”. Però si scrive perché è utile a creare il contesto politico. Che non è quello giudiziario.

L’ultima scoperta – questa volta è arrivata prima La Verità – è la mail che il giornalista Fabrizio Rondolino ha inviato – nel gennaio 2018 – a Matteo Renzi con suggerimenti sulla campagna elettorale in corso (si sarebbe votato ai primi di marzo). Fondamentale, ad esempio, sarebbe stato “creare dossier sui grillini” e addirittura “incaricare un detective privato di andare a caccia di scandali”. Non si ricorda la pubblicazione su quotidiani o settimanali o siti di dossier speciali su esponenti del Movimento 5 Stelle. Delle due l’una: o l’investigatore non è mai stato ingaggiato oppure non è mai stato trovato nulla. Fonti di Italia viva dicono che “quella proposta rimase lettera morta”. In compenso il Movimento, soprattutto a Roma, dava occasioni quotidiane di far parlare di sé attraverso inchieste giudiziarie che coinvolgevano la giunta Raggi (anche quelle alla fine non hanno mai sortito nulla) o per via di disservizi clamorosi (spazzatura per strada, bus incendiati, serate della metro bloccate). Come dire: non c’era bisogno dell’investigatore per parlare del Movimento che ha sempre trovato il modo di far parlare di sé, e anche tanto, soltanto lasciando accadere i fatti.

Il Fatto Quotidiano è l’anima gemella del Movimento, ne amplificare o sminuisce i fatti di giornata à la carte. La Verità ha accesso a carte e dossier che pubblica poiché “pubbliche” nel momento in cui c’è la notifica della chiusura indagini. Le informative fanno parte dei faldoni di un’indagine. La giurisprudenza non mette però il cronista al riparo del diritto di cronaca: “Per pubblicare fatti, nomi e circostanze che figurano in una informativa di Pg occorre che il giornalista ne abbia verificato di persona la fondatezza”. Si corre il rischio del penale e del risarcimento civile. Nel dibattimento, infatti, quelle ricostruzioni che troviamo nelle informative possono contare sul beneficio di un contraddittorio. Pubblicarle ora vuol dire accendere il ventilatore e sparare dove capita.

Dunque perché tutto questo? L’obiettivo, al di là di rancori personali, può essere solo politico. E intreccia la battaglia per il successore di Mattarella al Quirinale per cui i 43 voti dei parlamentari di Italia viva sono decisivi. Ecco perché: il centrodestra si presenta alla sfida avendo 449 grandi elettori su un totale di 1007. Il centrosinistra, 5 Stelle compresi, ne ha 412. Nessuno dei due blocchi ha la maggioranza anche semplice per eleggere il Capo dello Stato dalla terza votazione in poi. Servono altri voti. Il bacino più grosso lo ha Italia viva: 43 grandi elettori. Il gruppo misto che comprende formazioni minori e quasi tutte di centro ne conta 103. Con i 43 voti renziani centrodestra o centrosinistra potrebbero avvicinarsi al quorum per eleggere il Capo dello Stato. Nessuno dei due blocchi – i 5 Stelle attaccano Renzi, il Pd non ha detto una parola a difesa dello scempio della pubblicazione del conto corrente personale – vuole però trattare con Matteo Renzi. Non resta che distruggerlo. Politicamente s’intende. Il prossimo fine settimana è in programma la Leopolda 11. Significa fari puntati. Chissà cosa cos’altro potrà succedere.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.