“Nessuna casualità”: il Gico della guardia di finanza voleva ascoltare Cosimo Maria Ferri, deputato di Italia viva, mentre discuteva con l’ex zar delle nomine Luca Palamara. La Giunta per le autorizzazioni della Camera ha accolto ieri la proposta di diniego dell’utilizzo di tutte le captazioni informatiche delle conversazione di Ferri, richiesta dalla sezione disciplinare del Csm, in quanto «è stata acclarata la non casualità proprio sulla base degli atti di indagine trasmessi alla Giunta stessa». A dirlo è stato il relatore della pratica Paolo Pittalis (Forza Italia). Hanno votato tutti a favore, tranne i quattro grillini. «Ho cercato di non far entrare la politica in questa vicenda, ma solo l’applicazione delle regole scritte e dei principi costituzionali», ha quindi aggiunto Pittalis.

Ferri, prima di entrare in Parlamento numero uno delle toghe di destra di Magistratura indipendente, è accusato di avere tenuto un comportamento “gravemente scorretto” nei confronti dei magistrati che concorrevano per il posto di procuratore di Roma e di aver voluto «condizionare le funzioni attribuite dalla Costituzione all’organo di governo autonomo della magistratura». Le accuse si fondano sulle intercettazioni effettuate mediante il virus trojan inserito nel cellulare di Palamara dal Gico su ordine della Procura di Perugia, in particolare quelle effettuate la sera dell’8 maggio 2019 all’hotel Champagne di Roma quando Ferri e l’ex presidente dell’Anm si incontrarono con cinque componenti del Csm e il deputato Luca Lotti (Pd). Per la disciplinare l’incontro avrebbe avuto finalità illegali, puntando a “screditare” il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il suo vice Paolo Ielo. La Procura di Perugia, il Csm, la Cassazione hanno sempre sottolineato la “casualità” degli ascolti. «Il mio nome compare 341 volte nelle informative del Gico», si era difeso Ferri, contestando questa ricostruzione.

Ferri, poi, aveva prodotto alla Giunta della autorizzazioni una conversazione fra Palamara ed il togato Luigi Spina della sera del 7 maggio 2019 nella quale i due avevano preso appuntamento per vedersi il giorno successivo con “Cosimo”. Non essendoci altre persone nel fascicolo del Gico con quel nome, era evidente che si trattasse di Ferri.
Quella conversazione venne ascoltata dalla guardia di finanza “alle ore 18:42 dell’8 maggio”, quindi 5 ore e 25 minuti prima dell’incontro all’hotel Champagne. La conversazione era stata classificata sul brogliaccio “molto importante” dai finanzieri i quali, invece di spegnere il trojan inserito nel cellulare di Palamara quando quest’ultimo qualche ora più tardi si sarebbe incontrato con Ferri, tennero l’apparato acceso, in violazione delle guarentigie del parlamentare.
Esisteva, allora, un interesse da parte della Procura di Perugia nel voler conoscere i “rapporti tra Ferri e Palamara?”. Il fascicolo nei confronti di Palamara era stato aperto per il reato di corruzione. Ma dal momento che gli inquirenti hanno riportato per 341 volte il nome di Ferri, mai indagato, c’è il forte sospetto che abbiamo voluto conoscere quali fossero gli accordi fra i due per le nomine dei magistrati.

Nel fascicolo di Perugia sono presenti i verbali di pedinamenti nei confronti di Ferri ed è elencata una raccolta delle sue conversazioni prive di rilevanza penale. Le conversazioni tra Ferri e Palamara, ciliegina sulla torta, furono utilizzate per motivare la proroga delle intercettazioni. L’ultima parola spetterà adesso all’Aula della Camera che dovrà esprimersi per confermare o bocciare il no all’utilizzo delle intercettazioni. È possibile votare anche col voto segreto. «Confido che anche in Aula prevalga il giudizio tecnico giuridico formulato dalla Giunta», ha commentato Ferri.
Sul fronte Csm si segnala, sempre ieri, l’ennesimo rinvio della discussione sulla nomina del nuovo procuratore di Roma. Se ne riparlerà domani. Due i nomi in pista: Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo, e Marcello Viola, procuratore generale di Firenze.