“Sussiste senza dubbio il reato di rivelazione del segreto, gli autori sono stati dei “pubblici ufficiali” e la Procura deve compiere gli “opportuni approfondimenti investigativi” per individuare “i responsabili della indebita propalazione”. È quanto scrive Sara Farini, gip del Tribunale di Firenze, a proposito della fuga di notizie relativa all’indagine di Perugia, rispondendo a una nota dei pm della locale Procura. A distanza di quasi due anni dai fatti, dunque, siamo ancora a questo punto: da Erode a Pilato. I fatti sono stranoti.

Il 29 maggio 2019, Repubblica, Corriere e Messaggero pubblicarono la notizia dell’indagine della Procura umbra, gestione Luigi De Ficchy, a carico dell’ex zar delle nomine. “Corruzione al Csm: il mercato delle toghe”, scrisse Repubblica; “Una inchiesta per corruzione agita la corsa per la Procura di Roma”, il Corriere; “L’accusa al pm Palamara complica i giochi per la Procura di Roma”, il Messaggero. Gli articoli erano tutti molto dettagliati. Il pezzo di Repubblica, in particolare, riportava alcuni elementi che erano emersi grazie alle intercettazioni effettuate con il trojan inserito nel cellulare di Palamara. Ad esempio, i colloqui fra quest’ultimo e Cosimo Ferri, deputato allora del Pd ed esponente di spicco della corrente di destra delle toghe, Magistratura indipendente, relativi alla nomina del successore di Giuseppe Pignatone al vertice della Procura di Roma.

Il Corriere, invece, non era bene informato come Repubblica, limitandosi a scrivere che la Procura di Perugia aveva notiziato il Consiglio superiore delle magistratura dell’indagine nei confronti di Palamara, ricordando poi che l’ex presidente dell’Anm aveva fatto domanda per diventare aggiunto a Roma. Il giorno dopo, il 30 maggio, Palamara venne perquisito all’alba dal Gico della guardia di finanza. Insieme a lui erano indagati anche l’allora togato del Csm Luigi Spina e il pm romano Stefano Rocco Fava. Il Corriere in edicola quella mattina, recuperando il parziale buco del giorno prima, dava la notizia dei motivi della perquisizione, informando i lettori anche che Palamara negli ultimi mesi era stato costantemente “monitorato” duranti i suoi incontri notturni. Da allora Corriere e Repubblica iniziarono una campagna pancia a terra pubblicando per giorni stralci di intercettazioni ambientali che riguardano anche la sfera privata di Palamara, non trascurando i consiglieri del Csm che avevano partecipato al dopo cena all’hotel Champagne e che poi furono costretti alle dimissioni. Un romanzo a puntate.

Il risultato fu che la nomina del procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, a procuratore di Roma, votata in Commissione per gli incarichi direttivi del Csm il precedente 23 marzo e pronta per andare in plenum in quei giorni, saltò, per poi essere definitivamente annullata nelle settimane successive. Vale la pena di ricordare che al Csm vennero, fino alla chiusura delle indagini di Perugia avvenuta il 20 aprile 2020, trasmessi pochissimi atti. Nonostante ciò, il 5 luglio 2019 il Corriere riportò alcuni passi degli interrogatori di Palamara avvenuti il 30 e il 31 maggio davanti ai pm di Perugia. E lo stesso fece Repubblica. Un filone investigativo, poi, finì in tempo reale sui giornali, con le dichiarazioni di alcuni imprenditori che avevano effettuati dei lavori edili, frutto di una presunta corruzione, per un’amica di Palamara. Gli imprenditori erano stati interrogati a giugno del 2019 mentre erano sottoposti ad intercettazione telefonica. Uno di loro verrà risentito a luglio, modificando la testimonianza in modo da renderla più aderente a quanto riportato dai giornali.

La Procura di Perugia ha sempre sottolineato che gli atti d’indagine non fossero “ostensibili” per il segreto istruttorio. Il 26 luglio 2019 il pm di Perugia Mario Formisano, titolare del fascicolo insieme alla collega Gemma Miliani, come riportato dalla Verità, affermerà che le fughe di notizie avevano “rovinato l’inchiesta”. Palamara, pur essendo la rivelazione del segreto procedibile d’ufficio, ha presentato lo scorso novembre un esposto alla Procura di Firenze, competente per i reati commessi dai magistrati umbri, chiedendo di svolgere accertamenti. Fra le richieste, il sequestro dei telefoni e l’acquisizione dei tabulati telefonici nei confronti dei “soggetti interessati” alla fuga di notizie: “giornalisti, operatori di polizia, ecc”.

Il gip Farini, con una nota del 27 gennaio scorso, ha respinto, come richiesto dalla Procura, le istanze di Palamara, evidenziando però che non risultano essere mai stati compiuti atti d’indagine per i soggetti “che possono essere venuti in contatto con le notizie segrete”. Da qui, dunque, l’invito alla Procura a “circoscrivere” la platea di questi soggetti e ad effettuare gli “opportuni approfondimenti investigativi”. La tempistica gioca, ovviamente, a favore degli autori della fuga di notizie: dopo due anni i tabulati vengono cancellati per legge dai gestori telefonici. Il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, come si ricorderà, è attualmente sotto disciplinare al Csm per presunte molestie nei confronti della pm antimafia Alessia Sinatra.