Il pesto ligure, tra 5Stelle e Pd, non era andato benissimo nel 2020. Ferruccio Sansa non aveva neanche visto da lontano il traguardo della Regione, andata di larga misura a Giovanni Toti. Ora il campo largo ci ripova, non senza strappi anche dolorosi. Il partito di Giuseppe Conte, consumata l’ennesima tarantella, ha finalmente annunciato che sosterrà Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia, Pd, rinunciando a presentare una candidatura autonoma. “Un passo avanti significativo”, dice la segretaria del Pd Elly Schlein, che da settimane si trova a gestire il “caso Renzi”.

Arturo Scotto, sinistra dem, lo accusa esplicitamente di “tenere il piede in due staffe”. Il leader di Italia viva deve allontanare l’ombra dell’ambiguità. Così ieri, ribadendo di voler tornare nel centrosinistra, ha annunciato la svolta: l’uscita dalla maggioranza di centrodestra a Genova, dove è nella Giunta del sindaco Marco Bucci. Un modo per rispondere all’accusa dei vertici del Pd – ma anche di Conte – di tenere i piedi in troppe scarpe: “Spazziamo via le ambiguità: non intendiamo tenere i piedi in scarpe diverse e dunque siamo pronti a separare la nostra strada da quella del pur bravo Marco Bucci”, ha detto Renzi al quotidiano torinese.

“Tanto bravo che, ricordo, Conte lo ha giustamente nominato commissario per la ricostruzione del ponte Morandi. Siamo pronti ad essere presenti in una lista riformista senza simboli di partito. E a sostenere la candidatura di Andrea Orlando, con cui ho posizioni diverse ma che ho comunque nominato ministro”. Insomma, “se la linea la dà Elly Schlein, noi ci siamo. Se la linea la dà Conte, allora stiamo fuori. Ma la posta in gioco oggi non è su Italia Viva quanto sulla leadership della coalizione. Il Pd ha aperto, noi ci siamo. Non siamo in coalizione perché ce l’ha ordinato il dottore, ma perché ce l’ha chiesto la segretaria del Pd”.

Elezioni Liguria, Orlando correrà

Compromessi se ne possono fare, ma fino a un certo punto, par di capire. Orlando prende tempo, ma in cuor suo ha già accettato. Correrà. Si vuole far coprire le spalle dal fuoco amico e manda in avanscoperta la capogruppo dem alla Camera Chiara Braga, nella segreteria del Pd tra le più vicine a Elly Schlein: “In riferimento all’alleanza in vista delle elezioni in Liguria e ai rapporti con il partito di Matteo Renzi, non ci devono essere veti pregiudiziali ma coerenza e chiarezza mi sembrano dati di partenza fondamentali dai quali non si può prescindere”. Chi tira da una parte, chi dall’altra. I renziani in mezzo, confusi e forse un po’ storditi anche loro da ordini e contrordini che si affastellano e si contraddicono. Mette i puntini sulla i, chiamato in causa, Marco Bucci. Il sindaco di Genova precisa: “Ora come ora, Renzi non è nella giunta. Le persone che sono dentro la giunta han detto a chiare lettere che non escono. Poi saranno loro a decidere. Io lascio libertà a tutti”.

L’assessore Iv che non vuole dimettersi

Insomma Italia Viva a Genova ha un assessore ai lavori Pubblici, Mauro Avvenente, che di uscire dalla giunta Bucci non ne vuole proprio sapere. “Ognuno deve fare quello che ritiene opportuno – ha aggiunto Bucci – Siamo in un Paese dove c’é la libertà un valore importante per tutti, e ognuno deve fare quello che è opportuno. Dopodiché, io prenderò le mie decisioni in funzione di chi rimane, cosa rappresenta e come facciamo a portare avanti il programma, perché noi dobbiamo portare avanti il programma”. “Questo è l’obiettivo dell’amministrazione. Abbiamo ottenuto il voto dei cittadini perché c’era un programma da realizzare e vogliamo finirlo – ha concluso Bucci – Così mi auguro che si voti per chi ha il programma migliore, non per chi parla di piu’, dicendo cose secondo me non vere”.

Neanche nel Movimento Cinque Stelle sono tutti convinti. L’ex ministro Danilo Toninelli ieri ha dichiarato: “Questa è la strada giusta solo se prima si fosse creato un programma per una regione come la Liguria, devastata dalla gestione clientelare del centrodestra, in particolare di Toti. Oggi non vedo un tema che unisca questo centrosinistra. Era evidente da settimane che si sarebbe appoggiato Orlando, ma sinceramente non so cosa si farà dopo. Tanti liguri potrebbero non andare a votare. Se fossi un ligure oggi, mi arrabbierei molto, perché vedo una mancanza totale di idee”.

La fuga da Italia Viva

L’area riformista di idee ne avrebbe anche, ma vanno tutte in direzioni diverse. L’associazione Libdem di Andrea Marcucci annuncia di essere prossima a trasformarsi in soggetto politico tout court. Alessandro Tommasi, leader dell’associazione politica Nos, lancia una convention da farsi a Milano a metà settembre. Luigi Marattin aspetta l’esito dell’Assemblea Nazionale di Italia Viva, in programma il 28 settembre, per presentare, eventualmente, le sue dimissioni. Dal partito di Renzi si registrano intanto uscite eccellenti, a partire da quella del segretario milanese Sergio Scalpelli. Lo strappo di Genova sembra destinato a lacerare ancora più a fondo quel che rimane della comunità di Italia Viva.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.