L'intervista
Riciclo della plastica, Cassuti: “In Italia 1 milione e mezzo di tonnellate raccolte. Dagli imballaggi alle sigarette: le nuove generazioni sono il nostro muscolo”

L’Europa ha superato la sua fase ultra-ecologista. Ora però la revisione del Green Deal dev’essere pragmatica. Bisogna risolvere l’eccesso di regole ed essere consapevoli che in un territorio privo di uranio, shale gas o altre materie prime, il riciclo diventa un’attività industriale strategica. A spiegarlo è Giovanni Cassuti, Presidente di Corepla, il consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, che parte dai risultati raggiunti dalla filiera in Italia.
Presidente, l’Italia si avvicina agli obiettivi Ue con un anno di anticipo. Cosa ci rende l’Italia un modello in Europa?
«Nel 2024 abbiamo raggiunto 1 milione e 500 mila tonnellate di plastica da raccolta differenziata, con un incremento del 4% rispetto al 2023. Questo significa una media di 26 chili pro capite. Il riciclo ha superato le 900 mila tonnellate, avvicinandoci molto all’obiettivo nazionale del 50%. Non è un risultato casuale, ma il frutto di un percorso lungo, con progressi sempre più marginali — e quindi più difficili — rispetto agli inizi. C’è una rete capillare molto solida: Corepla lavora con oltre 7.300 Comuni italiani, coinvolgendo i cittadini nel ritiro, gestione e riciclo della plastica. In un Paese morfologicamente complesso come l’Italia, fatto di piccoli centri, è anche un successo culturale: oggi trovi lo stesso gesto consapevole nel paesino di montagna come nel centro di Milano. Questo è il vero cambio di paradigma».
Quindi non si tratta solo di governance, ma anche di senso civico?
«Il cittadino sta sviluppando un “muscolo ecologico”, un’abitudine che va dal riciclare l’imballaggio plastico al non gettare una sigaretta per terra. Il coinvolgimento delle nuove generazioni e la comunicazione sono fondamentali: una volta che assimili un valore, il costo del comportamento virtuoso diventa minimo».
Oltre ai cittadini, ci sono però le imprese consorziate a Corepla?
«Il loro ruolo è fondamentale. Sono ormai 2.500, distribuite in tutta Italia e contribuiscono allo sviluppo tecnologico del riciclo con basse emissioni di CO2. È un lavoro che richiede investimenti in capitale umano, tecnologie, impianti, tracciabilità. Per concludersi con la certificazione, parte cruciale di quello che facciamo».
Quali sono gli altri Paesi europei virtuosi?
«Paesi Bassi e Germania per primi. Ma la differenza con l’Italia è strutturale. Il primo è più piccolo e con una conformazione geografica favorevole. Senza montagne, che ostacolano le infrastrutture, e con molti meno comuni. La Germania ha dalla sua la lunga tradizione dei Verdi, forza politica potente che ha saputo esprimere ministri altrettanto fortissimi. Noi invece, senza proclami, abbiamo lavorato per gradi, con costanza. E oggi siamo un punto di riferimento».
Il Green Deal europeo è in discussione. Quali sono i rischi per la vostra filiera e quali gli obiettivi da preservare?
«Non credo si possa dire che il Green Deal sia davvero in discussione. È in fase di revisione, questo sì. La traiettoria resta valida. Bisogna però essere pragmatici nel rendere la sostenibilità anche un’opportunità economica. Il riciclo è un’infrastruttura strategica dell’economia circolare. E il materiale riciclato negli imballaggi può essere un volano per una rivoluzione economica. Servono obiettivi realistici però, fondati su analisi scientifiche, non su ideologie».
In Europa continua lo scontro riciclo/riuso. L’ha citato anche il presidente di Confindustria Orsini. Ha senso questa contrapposizione? Possono convivere?
«Possono e devono convivere. La dialettica non deve essere ideologica, ma costruttiva. Il riuso funziona solo per certi materiali e in contesti precisi: devono poter sostenere più cicli d’uso dal punto di vista chimico, meccanico e igienico. In altri casi è necessario concentrarsi sul riciclo. Ricordiamoci del Covid, quando il packaging monouso ha svolto un ruolo salvavita. Non possiamo banalizzare questi temi. Il riuso va bene, ma dove è possibile e sicuro. Per tutto il resto, riciclo efficiente, tracciabile e certificato».
L’Europa delle regole contro l’Europa della competitività. Come si supera questo ostacolo?
«Noi non siamo a favore della deregulation, ma di una regolamentazione essenziale, chiara, applicabile in tempi rapidi.
Spesso procedure lunghissime non portano a maggiore efficienza. L’Europa dovrebbe favorire una sostenibilità anche economica, al servizio dei cittadini e che funzioni sul piano industriale».
La chimica ha ancora un futuro in Europa, specie rispetto alla concorrenza di Cina e India?
«Siamo un continente senza materie prime. Ma abbiamo una miniera in casa: i rifiuti.
Costruire un’economia fondata sulla materia prima secondaria è la chiave. La chimica italiana ed europea ha un futuro se puntano sulla sostenibilità e sulle specialties — cioè prodotti chimici ad alto valore aggiunto».
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