La riforma fiscale che “riscrive completamente l’attuale sistema tributario varato negli anni ’70”, come evidenziato da Palazzo Chigi dopo il via libera nel Consiglio dei Ministri di giovedì, appare essere al momento più un progetto da definire ma soprattutto un grosso favore agli evasori.

Da quel poco che infatti l’esecutivo di Giorgia Meloni ha reso noto, visto che la riforma è in realtà per ora un foglio bianco che troverà attuazione con i decreti legislativi che dovranno essere emanati entro 24 mesi dal via libera del disegno di legge da parte del Parlamento, quello che appare chiaro è come il governo abbia inteso dare seguito all’annunciata politica del “lasciar fare” e “non disturbare”, come annunciato nel primo discorso in Parlamento dalla premier.

La resa all’evasione

Lasciar fare e lasciar evadere, come evidenzia oggi Carlo Cottarelli, economista eletto come indipendente tra le fila del Partito Democratico. Secondo Cottarelli con la riforma fiscale che intende ridurre da quattro a tre gli scaglioni Irpef, con l’obiettivo di arrivare all’agognata “flat tax per tutti”, il governo in realtà ha come faro quello di “non dar fastidio a chi può evadere le tasse”.

Per Cottarelli una delle parti più critiche del provvedimento è il cosiddetto “concordato preventivo biennale”. Come spiega l’economista, “contribuente e fisco si mettono d’accordo su una base imponibile che per due anni non può essere toccata. Siccome l’adesione a questo concordato è volontaria aderirà solo chi pensa di poter pagare, in questo modo, meno tasse del dovuto. Una vera resa di fronte all’evasione”.

Il ritorno dell’evasione per necessità

Altro grande ritorno di berlusconiana memoria è il concetto di ”evasione di necessità”, cavallo di battaglia dell’ex premier fatto proprio dalla Meloni. Un tema che rientra nell’articolo 20 della delega fiscale approvata giovedì in Consiglio dei Ministri destinato alle sanzioni penali: qui si annuncia infatti l’intenzione di “rivedere i profili relativi alla effettiva sussistenza dell’elemento soggettivo, nell’ipotesi di sopraggiunta impossibilità a far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso”.

Questo “al fine di evitare che il contribuente debba subire conseguenze penali anche in caso di fatti a lui non imputabili”, secondo la relazione illustrativa.

Il messaggio è chiaro ed evidente: chi ritiene di “non poter” pagare perché in difficoltà economica nel far fronte agli adempimenti, sarà libero di procedere senza che scatti la rilevanza penale. Eppure, come ricorda Il Fatto Quotidiano, già oggi la soglia è decisamente elevata: 150mila euro per quanto riguarda la dichiarazione infedele, 50mila per quella omessa, 250mila per l’omesso versamento di Iva e ritenute.

Una questione che pone anche la deputata Pd-Idp Maria Cecilia Guerra, ex sottosegretaria al Tesoro. Per l’economista eletta tra i Dem “la norma genera ulteriore convenienza a evadere”: “La difficoltà a pagare esiste e va considerata, ma al momento giusto: un contribuente in quella situazione, dopo aver dichiarato, può chiedere la rateizzazione. Altra cosa è nascondere somme al fisco e poi aspettare di essere eventualmente scoperto, magari sperando che nel frattempo arrivi un altro condono o sanatoria. Per chi arriva a questo punto, la delega già prevede che venga consentito il pagamento in 120 rate senza verifiche sulla disponibilità economica”.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.