In ogni epoca, la Storia e gli avvenimenti che provocano profonde fratture e mutamenti sociali creano le condizioni per il rinnovamento delle società, comprese le istituzioni che le governano. Questi cambiamenti possono manifestarsi in modo traumatico, attraverso momenti di partecipazione attiva o tramite lotte democratiche di gruppi sociali che riflettono fenomeni esterni. Quello che emerge invariabilmente al termine di tali processi è un fatto di cruciale importanza: la potenza di questi mutamenti spesso si traduce in casi significativi di emulazione da parte di altri Stati, diventando una fonte d’ispirazione e influenzando il modo in cui si concepisce l’ordine democratico e istituzionale globale.
Questo fenomeno si è progressivamente consolidato come uno dei pilastri del Soft power, la capacità di influenza non coercitiva che un Paese può esercitare. Ma prima di approfondire questo concetto, è importante chiedersi: cosa si intende per Soft power?

Joseph Nye, importante scienziato politico americano e docente ad Harvard, è l’ideatore della teoria del “Soft Power”. Egli ha inizialmente identificato tre fonti primarie di Soft power: valori politici, cultura e politica estera. All’interno di queste tre categorie, si trovano numerose altre fonti, ciascuna variegata e complessa. Per valutare queste fonti, è stato sviluppato un indice che considera oltre 75 metriche, suddivise in sei sottoindici di dati oggettivi e sette categorie di nuovi dati derivanti da sondaggi internazionali. Questo indice combina dati oggettivi relativi a sei categorie (governo, cultura, istruzione, impegno globale, impresa e digitale) con i risultati di sondaggi internazionali, fornendo così un quadro completo per l’analisi del Soft power.

Nella classifica dei 30 Paesi Soft Power possiamo notare come Paesi come Svezia, Svizzera, Danimarca, Paesi Bassi, che tendenzialmente non sarebbero in cima alle classifiche di influenza geopolitica tradizionale, grazie ai loro alti punteggi nella categoria “governo“, ovvero il campo delle politiche pubbliche attuate e della capacità di produrre innovazione legislativa e istituzionale, riescono a guadagnare posizioni significative nella top 10 della classifica generale. Ciò sottolinea l’importanza di produrre buone pratiche di governo, innovazione sociale e normativa.

Potremmo prendere due esempi su tutti che hanno consentito di esercitare Soft power attraverso l’innovazione legislativa: la Germania con le riforme del mercato del lavoro che introdussero la flexsecurity, divenendo modello per tantissimi paesi europei (vedi Jobs Act in Italia); L’Unione Europea con il GDPR, varando la più avanzata normativa in materia di tutela della privacy e regolamentazione dell’utilizzo dei dati , arrivando fino ai giorni nostri con le importanti novità del Digital Services Act, che nel corso di questi anni stanno animando il dibattito in tutto il mondo e promuovono sempre più iniziative in tale direzione di tutela e regolamentazione anche negli USA.

Il passaggio dall’economia capitalistica tradizionale a quella della conoscenza ha rivoluzionato molte dinamiche sociali ed economiche. In passato, il capitale era un bene limitato, soggetto a erosione. Oggi, grazie a Internet e alle sue vie di comunicazione, la creazione di informazioni, conoscenza, cultura e competenze è diventata più rapida e accessibile che mai. Di conseguenza, la quantità di informazioni e dati ha raggiunto dimensioni imponenti, trasformandosi in veri e propri prodotti di mercato e potenti strumenti di influenza globale. Questo segna un graduale passaggio dall’egemonia basata in prevalenza sull’economia a una basata sulla cultura, dove il successo è determinato da chi può generare conoscenza e soddisfare la crescente domanda dei consumatori/cittadini moderni di informazioni, competenze e miglioramenti nella qualità della vita.

In questo scenario, l’innovazione democratica degli Stati, o di organizzazioni sovranazionali come l’Unione Europea, che produce benessere attraverso riforme, si diffonde culturalmente in altri Paesi. I governi ne traggono ispirazione per migliorare la vita dei loro cittadini, oppure talvolta sono i cittadini stessi a spingere per tali cambiamenti influenzati dal flusso delle informazioni a cui si ritrovano esposti.
Gli Stati acquisiranno sempre più potere nell’influenzare la vita di tutti i cittadini del mondo grazie a questo nuovo “capitale”, sfruttando appieno le opportunità offerte dalla globalizzazione. Non a caso, un vecchio detto recita: “Il minimo battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo”.

Avatar photo

Nato nel 1995, vivo a Trieste, laureato in Cooperazione internazionale. Consulente per le relazioni pubbliche e istituzionali, ho una tessera di partito in tasca da 11 anni. Faccio incontrare le persone e accadere le cose, vorrei lasciare il mondo meglio di come l'ho trovato. Appassionato di democrazia e istituzioni, di viaggi, musica indie e Spagna