Nel Si&No del Riformista spazio al dibattito sul mondo della politica e delle riforme, in particolare abbiamo chiesto se è Giusto abolire i senatori a vita? Contrario l’ex senatore Vincenzo Palumbo, secondo il quale sarebbe un errore perché “le voci libere dell’Italia migliore rendono più forte anche la politica”. Favorevole Manlio Messina, deputato di Fratelli d’Italia, partito per il quale il quesito rappresenta una battaglia storica, che sostiene sia doveroso attuare questa riforma “Per ridurre la distanza tra gli elettori e il palazzo”.

Qui il commento Vincenzo Palumbo:

Io credo che abolire il secondo comma dell’art.59 della Costituzione come prevede il disegno di legge costituzionale che il Governo ritiene di portare in discussione sia un errore. Il secondo comma dell’art.59 prevede soltanto che il Presidente della Repubblica possa nominare fino a cinque Senatori a vita, nel senso che il numero massimo dei Senatori a vita nominati dal PdR deve essere al massimo di cinque. In tal senso la perplessità che era nata rispetto al testo originario dell’articolo 59, allorché si prevedeva che il Presidente della Repubblica potesse nominare cinque senatori a vita, investendo del laticlavio personalità che avessero particolarmente illustrato per meriti personali il Paese. E che aveva lasciato la possibilità di superare questo limite nominandone più di cinque, cosa che fece Sandro Pertini e poi fece nuovamente Francesco Cossiga.

La riforma 2020 ha già stabilito il numero massimo, sbagliato abolirli

Io ero allora nella Giunta delle Elezioni e delle Immunità del Senato quando si trattava di convalidare le nomine fatte da Pertini. Dovetti arrampicarmi un po’ sugli specchi per esprimere, nonostante qualche perplessità che ho comunque espresso, il mio voto favorevole a questa prerogativa. Tuttavia avvertii che era possibile arrivare a questa interpretazione soltanto in ragione del fatto che il numero dei Senatori a vita non era stabilito nell’articolo della Costituzione riguardante la composizione del Senato (art. 57) ma era invece compreso in quello che individuava una prerogativa del Presidente della Repubblica (art.59). E tuttavia questa interpretazione, che aveva alterato per un certo periodo la composizione del Senato e quindi del Parlamento (si arrivò ad avere 11 Senatori a vita contemporaneamente) venne spazzata via dalla riforma del 2020 che stabilì che il numero massimo dei senatori non poteva superare il numero di cinque. Adesso si tratta di abolirli. Sbagliato. Io credo che la necessità di introdurre nel Parlamento pillole di saggezza da parte di chi ha illustrato la Patria per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario è una privazione della quale dobbiamo fare a meno.

Bisogna affiancare la voce della cultura a quella della politica

Il Parlamento davvero rappresentativo si completa e si perfeziona quando alla voce della politica, che certo è padrona di casa, si affianca la voce della cultura. Avere delle persone che a prescindere dai partiti politici possono rappresentare il Paese nelle sue corde insieme più intime e più alte è un valore aggiunto per tutti i partiti, per il dibattito pubblico, per il confronto istituzionale e in definitiva per l’arricchimento della democrazia. Una valorizzazione utile a tutti. È però vero che nel tempo sono stati fraintesi questi principi. Sono stati nominati Senatori a vita che francamente non rientravano in questi criteri. Un errore storico e costituzionale è stato quello di nominare dei Senatori a vita politici (da Nenni e Fanfani a Andreotti, Colombo e De Martino), scelti col bilancino dei partiti. Una interpretazione che ha finito per annacquare la natura della norma che era stata voluta dai Costituenti come una apertura del Parlamento ai figli più illustri della Patria e che affondava la sua storia nella nomina di Giosuè Carducci e Eugenio Montale, il poeta Trilussa e Arturo Toscanini, Eduardo De Filippo e Renato Guttuso. Se potessi dare un suggerimento alla Presidente del Consiglio: lasci stare. Rinunci ad eliminarli. Si riformi semmai lo scrutinio di ammissione a questo alto privilegio. La riforma dell’art. 59 comma 2, avvenuta con legge costituzionale n. 1-2020, ha già creato non pochi problemi con la sciagurata riduzione del numero dei parlamentari che ha prodotto gli unici effetti di rendere il Parlamento debole e non rappresentativo di tutta la nazione. Ma anche sostanzialmente incapace di legiferare autonomamente.

Vincenzo Palumbo

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