Un “no” secco quello del premier Mario Draghi a chi gli chiede se sia preoccupato per la tenuta del governo dopo il voto in Senato che con 219 favorevoli, 20 contrari e 22 astenuti, ha approvato la risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni dello stesso presidente del Consiglio sull’Ucraina e sul prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 giugno. Lasciando Palazzo Madama a chi chiede se sia soddisfatto per l’esito del voto sulla risoluzione si limita ad annuire. Un risultato importante quello ottenuto dal suo governo dopo giorni di tensione a 5 Stelle, culminate con l’imminente addio di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, al Movimento di Beppe Grillo e Giuseppe Conte.

Lo stesso Di Maio ha preferito non rilasciare nessuna dichiarazione all’uscita da Palazzo Madama.  Diverse le parole di Stefano Patuanelli, ministro grillino alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, e fedelissimo di Conte: “Se domani siamo ancora al governo? Non vedo perché no. Mi sembra che sono altri che creano problemi al governo, non noi”.

Poco prima, nell’aula del Senato, c’è stato un lungo applauso. Bocciate le risoluzioni presentate da Cal, dalla senatrice Elena Fattori del gruppo Misto, del senatore di Italexit, Gianluigi Paragone e di Luca Ciriani di Fratelli d’Italia. Su tutte il governo aveva espresso parre contrario. La proposta del senatore di Ciriani di votare la sua risoluzione in parti separate.

Il testo della risoluzione delle forze di maggioranza è il frutto di una mediazione lunga e complicata, raggiunta dopo l’intervento prima del voto di Mario Draghi. Poggia in particolare su un passaggio in cui si sollecita il governo a continuare a garantire “il necessario e ampio coinvolgimento del Parlamento” ai principali summit internazionali, come previsto dal decreto Ucraina e – si legge nella risoluzione – “comprese le cessioni di forniture militari”. E’ questa la formula trovata per tenere in equilibrio l’esigenza del governo di citare il decreto Ucraina, che ha autorizzato l’invio di armi a Kiev, e quella sollecitata soprattutto da M5s e Leu di un maggiore coinvolgimento delle Camere nelle decisioni governative.

Una giornata parlamentare che si era aperta con l’ingresso al Senato del premier Draghi davanti ai giornalisti, che gli chiedevano se dopo tutte le polemiche fosse preoccupato per la tenuta della maggioranza, “Non so, vediamo”. Parole, quelle di Draghi, dettate dallo scontro tra i partiti di maggioranza durante il vertice di questa mattina per concordare una risoluzione unitaria da votare dopo l’intervento del premier. Poi ha iniziato il suo discorso durato poco meni di 20 minuti in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno. “Il governo italiano intende continuare a sostenere l’Ucraina così come questo Parlamento ci ha dato mandato di fare”, ha detto.

Accanto a Draghi sedeva il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, impegnato in ben altra partita: i suoi fedelissimi avevano iniziato a raccogliere le firme tra i deputati per la creazione di un gruppo autonomo di Di Maio alla Camera e al Senato, “Insieme per il futuro“.

Redazione

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