Caro direttore,

la riflessione di Massimiliano Gallo sulla contestazione alla ministra Roccella (Riformista dell’11 maggio) non mi convince. Sono reduce da un’iniziativa sulla “parrhesia”, la libertà di parola di cui si vantava la “demokratia” greca, e il tema è particolarmente delicato. La contestazione di un potere e di un pensiero non è qualcosa di immutabile ed eterno, se non altro perché, nel giro degli ultimi 80 anni, per circoscrivere il tempo alla nostra democrazia, molto è cambiato, e soprattutto i mezzi di comunicazione, video e audio.

Ricordare che la contestazione è un diritto non ha più molto significato, a mio parere. Servirebbe invece suggerire innovazioni, trasformazioni degli strumenti di contestazione in linea con i cambiamenti cui accennavo. L’episodio Scurati, in senso inverso, ne è la prova. Una censura dei più realisti del re ha fatto di un discorso abbastanza sbiadito e forse inutilmente polemico ad personam una bandiera della resistenza.

Una stupida e forse antiquata ostentazione di cartelli ha consentito alla ministra di sfruttare politicamente, e giustamente, una, ripeto: improduttiva, chiassata. Se tutto è diritto, senza nessuna considerazione degli effetti e delle proporzioni, e soprattutto degli scopi che ci si prefigge, rimaniamo a un livello abbastanza impulsivo.

Alla fine lo scopo che risulta agli atti è quello di impedire di parlare: Molinari, Parenzo, Roccella. Scopo non direi da raccomandare da nessuna parte. L’impulsività, forse, è propria, delle nuove generazioni, ma imperdonabile in chi un po’ di raziocinio dovrebbe spingere a testimoniare e suggerire finalmente altri percorsi. Lo penso da tempo e gli ultimi episodi me lo confermano. Grazie dell’attenzione.

Gigi Spina

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