Niente da fare. Le restrizioni causate dalla pandemia e l’opposizione di numerosi consorzi del vino hanno fatto saltare anche l’edizione 2021 del Vinitaly. Il Salone internazionale dei vini e dei distillati italiani – una delle 3 o 4 manifestazioni del vino più importanti al mondo – è rimandato: si svolgerà dal 10 al 13 aprile del 2022. «Una scelta di responsabilità, ancorché dolorosa», spiega Maurizio Danese, presidente di Veronafiere Spa, l’ente che organizza l’evento. Non a caso nel cuore del Veneto, vero e proprio gigante della viticoltura italiana. Ma il mondo del vino italiano non si ferma.

Lo stesso Vinitaly prosegue in presenza sui mercati internazionali. Sarà in Russia a marzo, con tappe a Mosca e a San Pietroburgo. In Cina con almeno tre appuntamenti ad aprile, giugno e settembre. Si trasferirà poi in Brasile alla fine di settembre. E anche in Italia, nonostante la pandemia, i consorzi fanno sentire la loro voce. È il caso della Valpolicella Annual Conference, realizzata quest’anno con modalità digitale grazie all’importante novità di due spedizioni separate agli operatori di settore partecipanti. La prima contenente calici, tovagliette e materiale informativo. La seconda contenente 12 “vinotte“, ovvero “mini campioni” per le degustazioni tecniche da 20 ml, realizzate da Vinovae, azienda francese con sede a Lione. Una novità destinata a resistere dopo l’emergenza Covid-19 che fa di questo evento, organizzato dal Consorzio Tutela Vini Valpolicella, un modello da imitare.

I dati presentati da Denis Pantini di Nomisma Wine Monitor nel corso dell’evento illustrano la capacità di resilienza del mondo del vino italiano durante il 2020. Nonostante la pandemia, le nostre cantine aumentano le esportazioni in Germania (+1,1%), in Svizzera (+6,1) e in Svezia (+2,5). L’export negli Usa – le politiche protezionistiche statunitensi hanno risparmiato l’Italia – diminuisce in modo contenuto (-3,3%). Causa Brexit, il calo delle vendite è più forte verso il Regno Unito (-12,4%). Crolla il mercato cinese (-27,9%), ma il problema riguarda tutti i paesi esportatori di vino. Rispetto a questi ultimi l’Italia mantiene un’ottima posizione generale: una perdita limitata (-2,5%) con un export pari a 6,2 miliardi di euro. Ridotto il gap con la Francia che subisce perdite importanti (-10,8%) a causa dei dazi americani e del blocco dei ristoranti. Sempre secondo Wine Monitor, cresce il mercato italiano della grande distribuzione (+7%) che, almeno in piccola parte, tampona le perdite delle aziende vitivinicole di maggiori dimensioni.

Da registrare l’esplosione dell’e-commerce del vino, capace di raddoppiare le vendite (+105%) e di movimentare più di 200 milioni di euro. Gli acquirenti di vino online sono 8 milioni (pari al 27% del mercato), godono di buoni redditi, nel corso del 2020 hanno potuto lavorare in casa e, nel 2021, aumenteranno i consumi di vino. Dalla Valpolicella Annual Conference emerge infine che la produzione di vino italiano regge grazie a quei distretti territoriali capaci di giocare da player internazionali. Proprio come la Valpolicella, titolare di un giro d’affari di 600 milioni di euro all’anno per le diverse denominazioni. Nel 2020 il calo di Valpolicella (18 milioni di bottiglie) e Ripasso (30 milioni) viene bilanciato dalla tenuta dell’Amarone: oltre 15 milioni di bottiglie, ma con valori nettamente superiori alle altre denominazioni. “Vista la congiuntura siamo soddisfatti” dice Christian Marchesini, presidente del Consorzio. La grande performance dell’Amarone conferma che il Veneto è uno dei pilastri della viticoltura italiana.

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