Nella segreteria nazionale del Partito democratico da poco varata del Partito democratico, Marina Sereni è responsabile sanità e salute. Settore cruciale in un Paese che fa ancora i conti con la pandemia e le sue pesantissime ricadute.

Il “nuovo Pd” di Elly Schlein ha mosso i suoi primi passi e compiuto i primi atti politici e parlamentari. Un bilancio?
Bilancio sicuramente positivo, come dimostrano anche i sondaggi che segnalano una ripresa significativa dei consensi al Pd. La vittoria di Elly Schlein al congresso ha suscitato entusiasmo e nuove speranze nel popolo di sinistra e progressista, e i dati del tesseramento 2023 stanno lì a testimoniarlo. Ci si aspetta da lei che mantenga due promesse in particolare: in primo luogo dare al Pd un’identità più chiara e un profilo culturale e programmatico più netto che in passato; in secondo luogo, aprire la strada ad un rinnovamento della struttura organizzativa del partito, anche scegliendo metodi e meccanismi nuovi di selezione dei gruppi dirigenti e delle responsabilità. Le posizioni e le iniziative assunte dalla Segretaria in queste settimane sul salario minimo, sull’immigrazione, sulle famiglie arcobaleno, sulla transizione ecologica, sul Pnrr, sull’Europa vanno decisamente nella direzione giusta. Così come mi sembra che, nella scelta dei primi incarichi – dalla Presidenza dell’Assemblea Nazionale alla Direzione, dai Capigruppo alla Segreteria, passando per i commissariamenti del Pd a Caserta e in Campania – Elly abbia smentito quanti la dipingevano prigioniera di vecchie logiche: ha cercato di trovare un equilibrio tra lo spirito unitario e la volontà di dare al Pd una fisionomia nuova, coerente con la piattaforma con cui ha vinto il congresso e le primarie. Ora dobbiamo entrare nel vivo del lavoro, ci attende una sfida enorme per fare un’opposizione forte ed efficace e costruire su ogni tema proposte credibili alternative a quelle della destra di Meloni. Ed è proprio a partire dai contenuti e dalle battaglie comuni che dovremo anche lavorare a creare le condizioni per un dialogo e una collaborazione sempre più stretti con le altre forze dell’opposizione.

C’è chi sostiene che l’attenzione della Segretaria sia più concentrata sui diritti civili che sulle questioni sociali, il lavoro, la difesa dei beni comuni.
Chi fa questa critica quasi sempre non ha a cuore né i primi né i secondi. La vita delle persone è una sola: i diritti sociali e quelli civili sono interconnessi e indivisibili. Una società che accetta ingiustizie e discriminazioni non potrà mai crescere in maniera equilibrata e armoniosa.
Una sinistra moderna e di governo deve saper proporre una visione unitaria, non frammentata dei diritti. Difendere la dignità del lavoro contro lo sfruttamento e la precarietà è importante quanto difendere il diritto di ciascuna persona di non essere discriminata per il proprio genere o orientamento sessuale… Ed è anche sempre più evidente come giustizia sociale e giustizia ambientale siano due facce della stessa medaglia: non è un caso che siano proprio le fasce sociali più deboli e meno garantite quelle che – ovunque nel mondo – pagano le conseguenze più pesanti della crisi climatica.

Uno dei temi di più scottante e drammatica attualità riguarda i migranti. Dopo il dl Sicurezza e la guerra alle Ong, il governo ha annunciato lo stato di emergenza nazionale che durerà almeno sei mesi.
Il Governo Meloni si sta mostrando del tutto inadeguato a gestire un fenomeno migratorio che non è affatto un’emergenza. La dichiarazione dello Stato di emergenza è, da un lato, una resa, la rinuncia a battersi per una vera riforma del regolamento di Dublino e per una politica su migrazioni e asilo condivisa con i partner europei; dall’altro è una mossa di mera propaganda, di chi continua a non vedere la sofferenza e i diritti di uomini, donne e bambini che fuggono dalle guerre e dalla fame.

Tra i “beni comuni” più preziosi da difendere e rafforzare c’è la sanità pubblica e quel diritto alla salute drammaticamente riproposto dalla pandemia. Nella nuova segreteria nazionale appena costituita, lei ha la responsabilità di sanità e salute. Come fare di questi temi un punto centrale nell’agenda politica Dem?
Il tema della difesa della sanità pubblica è e sarà – accanto a quello della scuola – uno dei principali terreni di scontro e di battaglia politica tra destra e sinistra, tra maggioranza e opposizioni. Sento per questo tutta la responsabilità del lavoro che mi attende nella nuova Segreteria. La pandemia del Covid 19 ha rappresentato uno spartiacque. Da un lato ci siamo tutti resi conto dell’importanza cruciale di un Sistema Sanitario pubblico e universalistico, disegnato per garantire la salute di ciascun cittadino e ciascuna cittadina a prescindere dal suo reddito. Dall’altro abbiamo toccato con mano le fragilità e i limiti di un Sistema i cui fabbisogni – in termini di risorse finanziarie, materiali e umane – sono state per troppi anni sottostimati. Abbiamo toccato con mano quanto forti siano le differenze territoriali – tra Nord e Sud ma anche tra aree interne e grandi città – e abbiamo “scoperto” quanto la salute sia un “bene pubblico globale”. “Nessuno può essere sano in un mondo malato” avvertiva Papa Francesco nel pieno della pandemia. Questa consapevolezza ha prodotto a livello mondiale uno sforzo per fornire i vaccini ai Paesi a reddito più basso, una discussione per la definizione di un nuovo Trattato in materia di contrasto alle pandemie, la condivisione negli approvvigionamenti dei vaccini a livello di Unione Europea che ha dimostrato la possibilità e necessità di un passo avanti a livello comunitario su una materia fino ad oggi esclusiva competenza degli Stati nazionali. Ma è a livello nazionale che siamo oggi di fronte ad una vera emergenza.

In cosa consiste questa emergenza?
Con la pandemia alcune patologie sono state inevitabilmente trascurate, sono sorti o cresciuti alcuni bisogni come quelli per la salute mentale, le diseguaglianze sono aumentate e sono milioni gli italiani che dichiarano di aver smesso di curarsi per mancanza di risorse. Proprio partendo da queste preoccupazioni i due ultimi Governi della precedente legislatura avevano impostato un percorso volto ad accrescere l’attenzione e le risorse per irrobustire il nostro Sistema Sanitario, sia immettendo nuove risorse umane sia facendo nuovi investimenti sulla medicina territoriale e sulle nuove tecnologie. Con il Governo Meloni questo percorso virtuoso si interrompe: nella legge di Bilancio non c’è un Euro per recuperare l’aumento dell’inflazione, e dunque nelle risorse c’è di fatto un taglio, mentre sulla capacità di attuazione del PNRR, che per il SSN rappresenta una grande opportunità, si addensano non poche nubi. Se a questo aggiungiamo i propositi dell’attuale Governo in materia di riforme istituzionali c’è da essere veramente allarmati. L’autonomia differenziata – come ha autorevolmente denunciato la Fondazione GIMBE – provocherebbe la dissoluzione del SSN e aumenterebbe il divario tra aree forti e aree deboli mettendo in discussione l’uguaglianza sostanziale tra i cittadini di fronte alla malattia. C’è tra le forze di opposizione una sintonia su questo terreno, proporremo di incontrarci per organizzare una battaglia comune per la salute e la difesa della Sanità pubblica, in Parlamento e nei territori.

La destra ha più volte attaccato l’operato dell’ex ministro Roberto Speranza.
Il Ministro Speranza si è trovato a gestire un’emergenza difficilissima come quella del Covid19, lo ha fatto con grande impegno e dedizione, indicando – come dicevo prima – anche la strada per ridare centralità e valore alla Sanità pubblica. Se ci sono stati limiti nell’azione di governo in quei passaggi drammatici certo non è stato per disimpegno o mancanza di rigore. La destra, che ha per troppo tempo strizzato l’occhio ai movimenti no-vax, non mi pare proprio che possa dare lezioni.

Lei è stata Vice ministra degli Esteri. La guerra d’Ucraina è entrata nel secondo anno. Si continua a discutere di armamenti. E la politica? E l’Europa?
La situazione del conflitto sul terreno è drammatica. Ogni giorno muoiono vittime civili, le città ucraine sotto assedio sono devastate, i segnali di dialogo sono ahimè molto deboli. Quando parlano le armi è sempre difficile vedere gli spazi per la diplomazia ma proprio per questo non possiamo demordere. Dobbiamo ascoltare le parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite che ha recentemente sollecitato l’Europa a dialogare con tutti gli attori per fermare la guerra e affrontare le grandi contraddizioni globali, dalla povertà all’emergenza climatica. E dobbiamo cogliere lo spirito del messaggio di Papa Francesco che esorta tutti gli Stati a fare il possibile per far cessare il conflitto. In questo senso credo sia stato positivo il viaggio del Presidente Macron e della Presidente Von Der Leyen in Cina. Dobbiamo continuare a dialogare con la Cina e con tutti quei Paesi – come il Brasile, l’India, il Sud Africa – che possono esercitare un ruolo attivo e positivo per spingere Putin a fermare il conflitto e aprire la strada ad una pace giusta per l’Ucraina aggredita e martoriata.

Avatar photo

Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.