Il Pd di Elly Schlein prepara le prime mosse, in previsione di una settimana all’insegna dello scontro sul Def con il governo. Il responsabile economia, Antonio Misiani, da vero ministro-ombra si predispone a passare al setaccio le misure che saranno bollinate dal Ministero di via XX Settembre per ribattere cosa farebbe invece il Pd. Una cosa è certa: investirebbe sui diritti. Spalmando la fruizione dei benefici oggi riservati alle famiglie tradizionali a una più ampia platea. Lo aveva promesso Schlein durante le primarie e ora – a giochi fatti per la Segreteria – si deve passare all’iniziativa parlamentare.

Sulla proposta di legge sulle famiglie arcobaleno, a fare quadrato attorno alla Schlein, ci prova proprio Alessandro Zan. Il deputato dem, in Segreteria come titolare dei Diritti, punta il dito contro il governo, avendo cura di rimarcare il punto di equilibrio dei dem. Lontano da aperture sul cosiddetto utero in affitto: «Nessuno di noi propone la legalizzazione della maternità surrogata. La nostra proposta prevede matrimonio egualitario, adozioni e riconoscimento dei figli alla nascita», ha rimarcato Zan. Sulla stessa linea Marta Bonafoni, attentissima paladina delle battaglie sui nuovi diritti, da due giorni a capo dell’esecutivo ombra di Schlein come coordinatrice. Passata la pax pasquale, al Nazareno il confronto è destinato a riaccendersi. L’ingresso di Alessandro Alfieri doveva servire a garantire la minoranza, che però rimane agitata. Lui prova a mediare. Ricorda che serve un Pd «con un profilo plurale, con cultura di governo».

Un partito «che riconosca la sensibilità cattolico-democratica che è stata decisiva nella costruzione del Pd». Una responsabilità non da poco, quella di Alfieri che è stato coordinatore di Base Riformista. «Le battaglie non si fanno stando fuori», dice. E sottolinea di avere accettato questa sfida, con chi ha sostenuto Bonaccini, «di costruire insieme un nuovo Pd che non rinneghi le origini». Ad andarsene dal Pd è oggi Carmelo Miceli, che era stato nella Segreteria nazionale come Responsabile delle politiche della sicurezza. Non rieletto, fa sapere di non ritrovarsi nel nuovo Pd. Così come potrebbe fare Andrea Marcucci: l’ex senatore lucchese, referente dei renziani tra i Dem potrebbe essere prossimo all’uscita, magari per raggiungere Italia Viva nel Terzo polo. E analoga scelta potrebbe farla Vincenzo De Luca, governatore della Campania, se Schlein continuasse a sbarrargli il passo verso la ricandidatura. Nel dialogo crescente tra nuovo Pd e M5s, Giuseppe Conte potrebbe incontrare presto Misiani, messo da Schlein a commissario della Campania, per sottoporgli l’idea di candidare Roberto Fico, ex presidente della Camera, al posto di De Luca.

E mentre a Napoli la giunta giallorossa guidata da Gaetano Manfredi si attesta sull’indice di gradimento più basso dall’insediamento, è sull’europarlamentare dem Andrea Cozzolino, napoletano, che si accendono i fari. Oggi la Sezione misure di prevenzione della Corte di Appello di Napoli dovrebbe pronunciari sulla sua estradizione in Belgio, dopo che l’eurodeputato è entrato nell’inchiesta belga denominata Qatargate come destinatario di un mandato di arresto europeo eseguito a Napoli il 10 febbraio scorso. Cozzolino, che non è in buona salute, si trova ai domiciliari, ma il giudice belga, Michel Claise, intende trasferirlo in una prigione belga nonostante le sue condizioni. Il parlamentare ha problemi cardiaci. Uno dei suoi avvocati, Federico Conte, ribadisce la linea difensiva già illustrata ai giudici italiani. Per Conte, Claise ha firmato un provvedimento “del tutto vago, parziale e che in alcuni punti manca di trasparenza”. “Dove si e’ realizzata la corruzione? Quando? In contanti o con bonifici bancari? Da chi?”, gli interrogativi senza risposta secondo il legale. “Se il procuratore belga ha le prove che Cozzolino è colpevole, perché non le mostra?”, aggiunge.

 

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.