Consigli a Elly Schlein. Mittente: Luigi Zanda, già senatore dem, quello che un tempo si sarebbe detto, a ragione, un “vecchio saggio” del Pd.

Il “nuovo Pd” di Elly Schlein ha mosso i suoi primi passi, ha compiuto i suoi primi atti politici e parlamentari. Come li valuta, senatore Zanda?
È troppo presto per dare un giudizio serio sulla segreteria di Schlein. I primi sondaggi non valgono nulla. E anche il cattivo risultato in Friuli conta poco. Quello che si può dire è che Schlein ha dato una scossa a un Partito democratico che sonnecchiava e ha portato via qualche voto ai 5Stelle, e questo è un buon inizio. Ma Elly Schlein è ancora una incognita.

Perché una incognita?
Perché enuncia questioni condivisibili ma sappiamo ancora molto poco su cosa pensa in tema di economia, occupazione, sviluppo, giustizia, sicurezza. I grandi leader hanno una visione del futuro. Schlein deve ancora mostrare qual è la sua. Elencare i titoli dei problemi non è sufficiente. Bisogna dire come i problemi si possano risolvere. In questa ottica, sottolineerei due grandi questioni politiche, che Schlein ha davanti.

Quali?
La prima questione politica è che dopo le doppie primarie, prima tra gli iscritti e poi aperte a tutte, adesso si faccia strada una tentazione, anche inconscia, di trasformare il Pd da partito in movimento. Questa sarebbe una scelta pericolosa. Perché i movimenti hanno piedi d’argilla. Sono comitati elettorali. Sono leaderistici. I movimenti al loro interno non discutono ma acclamano. Non ragionano, vogliono slogan e parole d’ordine. I partiti di cui parla la Costituzione all’articolo 49 sono una cosa molto diversa dai movimenti.

E l’altro problema?
Il secondo grande tema politico che mi piacerebbe poter sottoporre a Elly Schlein è quello del rinnovamento del Partito democratico. Per costruire il futuro di un grande partito è sempre necessario conoscerne il passato, senza cedere mai a tentazioni autoassolutorie.

Insomma, senza memoria non c’è futuro. Ma cosa dice il passato del Pd, senatore Zanda, lei che ne è stato uno dei soci fondatori?
Il passato del Pd ci dice che noi dopo aver sostenuto il governo Monti e dopo una dura campagna elettorale contro i 5Stelle, contro la Lega e contro Forza Italia, nella passata legislatura abbiamo governato e partecipato a maggioranze insieme proprio agli avversari che avevamo combattuto sino a pochi mesi prima. Sono state scelte politiche del vertice del partito dovute a valutazioni contingenti ma che dai nostri organismi dirigenti non sono mai state veramente analizzate né nelle loro ragioni né nelle loro conseguenze. Come possiamo meravigliarci se tanti elettori non hanno capito i nostri comportamenti contraddittori e c’hanno abbandonato? Penso che Schlein farebbe bene ad aprire nel partito una profonda riflessione sulla linea politica partendo dall’analisi delle vicende della nostra breve storia. Farebbe un grave errore se pensasse che i nostri nodi sono stati tutti risolti con il risultato contraddittorio delle due votazioni delle primarie.

Avere una visione per il futuro vuol dire anche cimentarsi con grandi questioni che segnano pesantemente il presente e rischiano di ipotecare il futuro dell’Italia e dell’Europa. La guerra d’Ucraina in primis. Su questo quali segnali a suo avviso dovrebbe dare il “nuovo Pd”?
Sulla politica estera Schlein è stata sbrigativa. Perché sostenere che l’Ucraina va aiutata è un passaggio obbligato. Una posizione diversa manderebbe in pezzi il Partito democratico. Il punto centrale è la giusta e condivisa aspirazione alla pace. Ma quale pace vuole il Pd? Questo è il punto. La pace di Putin o la pace di Zelensky? Oppure vogliamo un compromesso? Se sì quale? Che fine pensiamo debbano fare la Crimea e il Donbass? Che cosa dobbiamo fare fino a quando Putin continua a bombardare, a violentare e ad annettere territori ucraini? La politica estera è fatta di scelte molto complesse che non si possono eludere e risolvere con un voto in Parlamento sugli aiuti all’Ucraina. La politica estera ha anche riflessi sulla politica interna.

Vale a dire?
Seguire le furbizie molto equivoche di Conte fa male al Partito democratico. L’Italia è dentro un’alleanza politica e militare. L’Italia da sola non conta nulla. Lei mi chiede cosa fare. Per l’Italia l’unica seria iniziativa per la pace sarebbe quella di promuovere una grande campagna per l’unità politica dell’Europa. Perché solo una Europa veramente unita può aspirare ad avere peso politico in un mondo che è dominato da conflitti tra grandi potenze continentali. Non l’Italia da sola, né la Germania, né la Francia possono avere una vera politica estera né possono aspirare ad essere ascoltate quando chiedono la pace. Serve un’Europa federale. E questo è anche un punto saliente su cui incalzare il governo delle destre e Giorgia Meloni. Sull’Europa la presidente del Consiglio non scioglie la sua più profonda contraddizione.

Quale sarebbe?
Lei si dichiara a favore di una Europa confederale, cioè una Europa degli Stati, una Europa alla Orban, ma poi sulle migrazioni, sull’energia, sulla pandemia, Meloni a nome dell’Italia chiede all’Europa un livello di solidarietà che soltanto una Europa federale può darle. Questa contraddizione va sciolta.

A proposito di memoria e identità. La destra si sta cimentando, ai massimi livelli, nel più azzardato revisionismo storico. Via Rasella, Fosse Ardeatine… Senatore Zampa, come la mettiamo?
La presidente Meloni rischia di fallire nel suo più importante obiettivo politico che dovrebbe essere quello di trasformare la sua variegata coalizione in una grande alleanza di conservatori moderni, democratici ed europeisti. Deve fare i conti con troppe scorie del passato, come dimostrano gli amorali attacchi alla Resistenza e le numerose cattive figure di tanti dirigenti del suo partito e dei suoi due alleati. L’antifascismo non è soltanto un elemento costitutivo della cultura democratica del nostro Paese. L’antifascismo è la pietra angolare sulla quale è stata scritta la Costituzione italiana. Non riconoscere i valori dell’antifascismo equivale a mettersi fuori dalla legittimità costituzionale.

A proposito di riletture di pagine importanti di storia nazionale. Questo giornale ha aperto a tutta pagina il numero di mercoledì con il titolo: “Nel ’92 fu colpo di Stato. Le clamorose rivelazioni dell’ex pm Colombo”. “La Procura propose la rese alla classe politica (alla Dc’) offrendo impunità in cambio di dimissioni”. Cosa confermata dall’allora vicesegretario del Psi, Di Donato, in una intervista ad Aldo Torchiaro: “Il pm Greco mi offrì un salvacondotto in cambio della testa di Craxi”. Senatore Zanda, lei che è stato un protagonista di quella tormentata stagione politica, che commento fa?
Mi limito a due osservazioni. La prima riguarda le circostanze sulle quali nasce Tangentopoli. Erano anni di una corruzione talmente diffusa che ha danneggiato sia la politica che la libertà d’impresa in Italia. Quindi l’intervento dell’autorità giudiziaria era necessario. Fatta questa premessa, bisogna dire che i metodi usati da diverse Procure hanno messo in luce una disinvoltura molto grave che non va certo ad onore della Magistratura italiana. Purtroppo l’immagine di Enzo Carra con gli schiavettoni ai polsi è diventata l’emblema di questi eccessi.

Tra le sfide del “nuovo Pd” non c’è anche quella per una giustizia giusta?
La giustizia se non è giusta non è giustizia. Per essere giusta, la giustizia deve essere garantista nei confronti dei cittadini, rapida nella celebrazione dei processi e deve rispettare il precetto costituzionale secondo il quale la pena deve provvedere alla riabilitazione dei condannati. Gli interventi necessari sono tanti. Gliene indico uno: una riforma seria e profonda del Consiglio superiore della magistratura. Mi lasci aggiungere che il tema della magistratura è soltanto uno dei tanti punti della crisi dello Stato italiano, nel quale le oasi di efficienza sono ormai molto poche.

Può fare un esempio?
Le difficoltà italiane nell’attuazione del Pnrr dipendono da alcuni errori seri del governo Meloni, il primo dei quali è l’aver voluto modificare la governance del Pnrr. Non si cambia pilota a metà della gara. Ma per onestà dobbiamo anche riconoscere la grave crisi dei corpi tecnici dello Stato, delle regioni e dei comuni, che hanno perso gran parte delle loro capacità progettuali e realizzative. È l’inefficienza dell’apparato dello Stato, delle regioni e dei comuni, una delle ragioni principali delle difficoltà del nostro Paese ad affrontare grandi questioni complesse come il Pnrr.

Il Pnrr ci porta all’Europa. Nel 2024 si vota per il rinnovo del Parlamento europeo. E la sinistra?
La sinistra farà la sua parte ma intanto cerchiamo di non commettere errori gravi nel rapporto con l’Europa. Vede, la mancata firma italiana del Mes è un errore gravissimo sia nel merito sia politico. Perché non si tiene bloccata l’intera Unione per una impuntatura della destra italiana.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.