Dai denti stretti di Philippe Lazzarini, uno di lingua solitamente sciolta, ieri pomeriggio è filtrata una verità spiacevole per i tanti che raccontano la guerra di Gaza assemblando notizie false e facendo repulisti di quelle vere. Lazzarini è il capo dell’Unrwa, un’agenzia delle Nazioni Unite che dovrebbe occuparsi di dare assistenza – soprattutto nel settore scolastico, dell’istruzione e della formazione professionale – ai rifugiati palestinesi del Medio Oriente. E ieri – commentando le notizie relative al bombardamento di un edificio che ospitava una scuola dell’Unrwa e denunciando la tragedia di “un altro giorno di orrore a Gaza” – Lazzarini ha detto testualmente che “attaccare, prendere di mira o utilizzare edifici delle Nazioni Unite per scopi militari è una palese violazione del diritto internazionale umanitario”.

La parola magica, in coda al convoglio retorico degli “attaccare” e dei “prendere di mira”, è la più imbarazzante e – proprio per questo – solitamente trascurata: quell’“utilizzare”, riferito alla pratica criminale consistente nel fare di quegli edifici (scuole, ospedali, uffici) altrettanti bunker e depositi di armi ben protetti dai civili, dai malati, dai fanciulli adoperati come sacchi di sabbia quando sono ancora troppo piccoli per tenere un kalashnikov.

È una pratica che tutti conoscono e che tutti fanno mostra di ignorare, una pratica di cui tutti sanno e di cui nessuno dice mai nulla, una pratica che dovrebbe essere avversata innanzitutto dai responsabili di quelle strutture, alimentate dall’energia cannibalizzata dai tagliagole per illuminare i tunnel sottostanti e per dare energia ai cellulari usati il 7 ottobre per filmare le adolescenti fatte a pezzi al Supernova e per le foto ricordo dei bambini bruciati vivi nel kibbutz sionista.

I civili rimasti uccisi nell’operazione israeliana di ieri – se, come tragicamente sembra, ve ne sono stati – rappresentano l’ennesimo orrore (orrore, non errore) di una guerra schifosa. Ma non esiste titolo politico, civile, morale per dirne nulla se prima non si dice chiaro, anziché nel modo ammantato e polveroso del capo dell’Unrwa, che contro il diritto umanitario si pone chi fa quell’uso criminale e vigliacco delle strutture destinate ai civili, a questi mischiandosi e adoperandoli in massa come carne da martirio.

Dopodiché, e cioè dopo quel riconoscimento, è anche possibile e persino legittimo evocare responsabilità di incoscienza e addirittura criminali della parte che esegue quegli attacchi sapendo che essi possono determinare l’uccisione di troppi civili. Ma dopo: non prima, non senza. Prima di quel riconoscimento, infatti, ogni richiesta di giustizia sacrifica la verità su cui ogni vera giustizia deve fondarsi. E, senza quel riconoscimento, la verità di quelle vite spezzate sarà stata violentata due volte, in vita e in morte.