L'omicidio del diplomatico e del carabiniere Iacovacci in Congo
“Sequestro una messinscena, vogliamo verità”, l’appello a Draghi e Mattarella del padre di Luca Attanasio

Troppe incongruenze, e la famiglia di Luca Attanasio non crede alla ricostruzione del tentato sequestro, intesa come causa che avrebbe portato alla barbara uccisione dell’ambasciatore italiano, 43 anni, nella Repubblica democratica del Congo il 22 febbraio 2021. A morire sotto i colpi delle armi da fuoco anche il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista del World Food Programme (Wfp) Mustapha Milambo. Salvatore Attanasio ha spiegato all’AdnKronos le ragioni delle perplessità nutrite dalla famiglia sul caso.
“Sin da subito abbiamo capito che la storia del rapimento finito male era una messinscena. A nostro avviso, certamente di rapimento non si tratta, altrimenti non sarebbe finita in quel modo. Nessun rapitore uccide un ostaggio senza nemmeno aver tentato di ottenere qualcosa in cambio, ci sono troppe, troppe incongruenze”. Il padre non ha mai creduto, “nemmeno per un istante”, all’ipotesi del sequestro. Perché a 100 metri dal luogo dell’agguato “c’è un check point che quel giorno guarda caso era vuoto” e perché “su sette rapiti sono stati uccisi solo i nostri due connazionali, gli altri non hanno riportato nemmeno un graffio, com’è possibile?”.
L’agguato si era consumato sulla strada tra Goma e Rutshuru. Attanasio, ucciso a sangue freddo, ha lasciato la moglie Zakia Seddiki e tre figlie, la più grande di cinque anni e mezzo. Le altre due, gemelle, di quattro anni. Con la moglie il diplomatico aveva fondato l’associazione “Mamma Sofia”. “Come si fa a spiegare loro quel che è successo? – dice Salvatore Attanasio – La verità va trovata anche e soprattutto per queste tre creature. Quando saranno grandi si renderanno conto del padre che hanno avuto e ne saranno orgogliose, ne sono convinto. Luca è stato un figlio e un padre straordinario, credeva in un mondo migliore e lavorava ogni giorno per cambiarlo in meglio, non a caso lo slogan dell’associazione che ha fondato, ‘Mamma Sofia’, è: ‘ridisegnamo il mondo’. Lui ci credeva fermamente, era un sognatore che guardava oltre il suo naso. Aveva tanti sogni, la sua forza era credere nei sogni che aveva e tentare di realizzarli”.
A Kinshasa è in arrivo ora Alberto Petrangeli, nuovo ambasciatore. La famiglia si aspetta un nuovo impulso dalle indagini. Due uomini sono stati arrestati lo scorso gennaio in Congo con l’accusa di essere gli esecutori dell’agguato. Criminali, secondo il comandante della polizia della provincia del Nord Kivu, Aba Van Ang, già protagonisti di altri crimini nella regione. A guidare i criminali sarebbe però stato un uomo noto con il nome di “Aspirant”, ancora in fuga. Recentemente diverse testate avevano avanzato l’ipotesi secondo la quale dietro la morte dell’ambasciatore ci sia un complotto di alte sfere delle Forze Armate della Repubblica democratica del Congo (Fardc) nel quale sarebbero coinvolti anche membri dell’intelligence, poliziotti e civili.
“I nostri Carabinieri dei Ros attendono dal settembre dello scorso anno di completare le indagini, ma sono fermi perché non hanno sufficiente protezione o mancano i permessi che consentano di operare in maniera serena in un territorio altamente pericoloso. E così le indagini sono arenate e la storia di quanto realmente accaduto a Luca tutta ancora da scrivere”. Due gli indagati – Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza – dell’organizzazione WFP, accusati di omicidio colposo in quanto secondo la Procura di Roma avrebbero omesso “ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti alla missione Pam”. Gli avvocati hanno fatto appello all’immunità riconosciuta ai diplomatici. Definita “ipocrita” dal padre dell’ambasciatore ucciso, “che reputiamo immorale e fuori luogo”. Immunità respinta dal procuratore aggiunti di Roma Sergio Colaiocco. “Ora sta ai nostri inquirenti accertare la verità, se la stampa ne ha scritto sicuramente avrà raccolto delle testimonianze prima di farlo. Noi non possiamo dire nulla rispetto a quel che sta emergendo, ma possiamo pretendere la verità e batterci fino alla fine per questo. Senza verità non c’è giustizia, pretendiamo che le nostre autorità completino il loro lavoro. Pretendiamo un sussulto di orgoglio da parte del nostro Paese, un Paese che Luca ha servito e onorato in tutte le sedi in cui ha operato”.
Salvatore Attanasio lancia appelli al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha consegnato all’ambasciatore ucciso l’onorificenza di Gran Croce d’Onore dell’Ordine della Stella d’Italia alla memoria di Luca e “in quell’occasione – ricorda il padre – aveva speso parole di elogio nei confronti di mio figlio, un esempio di come deve essere la diplomazia in Italia e nel mondo. E Luca è certamente un esempio, ma un esempio che oggi chiede verità e giustizia”. Completamente assente invece l’Europa, lamenta l’uomo. Papa Francesco invece non ha dimenticato l’ambasciatore ucciso. A luglio dovrebbe recarsi in viaggio in Congo. “Ci auguriamo che la sua presenza in Congo possa portare a un piccolo passo avanti, che accenda un po’ di luce per evitare che la vicenda di nostro figlio cada nell’oblio”.
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